
GERUSALEMME – Che il sionismo sia stato un grande errore? A 80 anni Tom Segev confessa che ogni tanto questa domanda se la pone tra dubbi e ripensamenti, specie di questi tempi. «Ma poi trovo continue risposte contraddittorie e complicate. Gli ebrei che erano venuti in Palestina prima dell’Olocausto si sono salvati. La maggioranza di quelli che risiedevano in Europa però non aveva creduto al progetto di un nostro Stato indipendente in Medio Oriente ed è finita sterminata dai nazisti, oppure è emigrata in America. A pagare il prezzo furono i palestinesi e continuano a pagarlo. Lo diceva già David Ben Gurion nel 1919: o noi o loro, vinceremo solo se saremo più forti. Il sionismo sin dalle origini teorizzò la necessità di cacciare gli arabi e questo vale ancora adesso. A Gaza stiamo assistendo a violenze e massacri gravissimi, come mai ne abbiamo visti, neppure durante la guerra del 1948. Ed è indubbio che il governo estremista di Netanyahu sfrutti la sua popolarità nella battaglia contro i terroristi di Hamas per mettere in atto l’antico progetto di espulsione dei palestinesi e di annessione dei territori occupati nel 1967», ci racconta nella sua casa di Gerusalemme.
Israele, Iran e Hamas, la guerra in diretta
Cosa ci insegna il passato?
«L’aspetto curioso è che nei secoli tutte le potenze che hanno dominato la regione si sono impegnate in guerre di distruzione a Gaza: dai romani, agli ottomani, alla truppe napoleoniche, sino alle unità del generale britannico Allenby nel primo conflitto mondiale. Nel 1948 Ben Gurion assolutamente non voleva Gaza, preferì lasciarla agli egiziani. Diceva che eravamo riusciti a scacciarvi gli abitanti arabi dei territori del nostro nuovo Stato e non aveva alcuna senso riprenderceli. Anzi, dopo alcuni attacchi compiuti dai Fedayin della Striscia, pensò addirittura di invaderla per deportarli tutti nel Sinai con la forza. Dopo la guerra per Suez nel 1956 la rendemmo a Nasser. Invece, durante i trattati di Camp David nel 1978-9 Menachem Begin iniziò a pensarvi anche in termini religiosi. Anwar Sadat non la voleva, temeva i profughi politicizzati e la presenza tra i loro ranghi di quegli stessi Fratelli Musulmani che lo avrebbero assassinato pochi anni dopo. Così, ce la siamo tenuta e due anni fa Netanyahu, lanciando l’operazione militare, non ha ascoltato l’attuale presidente egiziano Al Sisi, che la pensa esattamente come Sadat. Stiamo riducendo Gaza in un deserto di macerie inabitabili, spostiamo la sua popolazione avanti e indietro, ma le porte del Sinai restano chiuse».
In uno dei suoi libri più importanti, «Il Settimo Milione», lei racconta le trasformazioni nei decenni della narrativa israeliana dell’Olocausto e le sue strumentalizzazioni politiche. Netanyahu continua a definire «nazisti» i militanti di Hamas. Com’è cambiata la società israeliana dal 7 ottobre?
«Sto scrivendo una versione aggiornata di quel libro. Per un attimo ho avuto l’impressione che la narrativa del 7 ottobre come trauma collettivo fondativo potesse sostituire quella dell’Olocausto. La gente e i media per qualche mese parlarono della “Shoah del 7 ottobre”, ma adesso non più. Gli stessi esperti del Museo dell’Olocausto a Gerusalemme hanno puntato il dito contro la travisazione della memoria. E ora quel fenomeno è rientrato. In ogni caso, non va dimenticato che storicamente i politici israeliani hanno sempre tirato in ballo il passato della persecuzione nazista per usarlo contro i nemici arabi dello Stato. Negli anni Sessanta i leader laburisti paragonavano Nasser a Hitler, dieci anni dopo lo stesso facevano con Arafat, come adesso fa Netanyahu con i capi jihadisti».
Conseguenze dell’attacco di Hamas?
«La società si è sentita debole, esposta, colta di sorpresa. Il fatto gravissimo resta che Netanyahu aveva lasciato crescere Hamas sotto i nostri occhi con l’obbiettivo politico di dividere i palestinesi e indebolire l’Olp».
Ma non c’è alcun senso di vergogna o condanna contro i crimini commessi dalla repressione a Gaza?
«Gli attacchi contro Hezbollah in Libano l’anno scorso hanno ristabilito la deterrenza. Ma non è andata altrettanto bene contro l’Iran. Non sappiamo in verità cosa rimanga in piedi del loro progetto nucleare. E con Hamas stiamo perdendo la guerra, perché contro un movimento della guerriglia terroristica di questo tipo vincere è praticamente impossibile: sino a quando ci saranno ostaggi ebrei a Gaza non mi aspetto movimenti di condanna per le sofferenze palestinesi»
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14 luglio 2025
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