
DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE
NEW YORK – L’1 agosto sarà l’ultima scadenza nella saga dei dazi di Trump? Tra l’impazienza del presidente per i negoziati a rilento e la paura di tornare ad essere definito «Taco» (Trump Always Chickens Out, cioè si tira sempre indietro), quattro fonti sotto anonimato dicono al sito Politico che avrebbe poco senso rimandare ancora. «L’1 agosto si inizia», afferma Steve Bannon, l’ex stratega della prima vittoria di Trump nel 2016. «Sono sicuro che l’ha detto a Scott (Bessent, il segretario del Tesoro, ndr). Niente più Taco».
Molti all’estero prendono la scadenza sul serio: non hanno scelta. Alcuni si preoccupano – sempre secondo Politico – anche perché Trump vuole che gli altri Paesi adottino misure anti-Cina che potrebbero provocare rappresaglie da Pechino, ma temono che poi il presidente americano garantisca alla Cina un accordo migliore (nei negoziati che scadono il 12 agosto) lasciando gli altri in svantaggio. Allo stesso tempo, il modo in cui i dazi sono stati usati da Trump nei mesi passati – come merce di scambio anziché come politica commerciale – rende alcuni scettici sul fatto che l’1 agosto sia davvero la scadenza finale. Sospettano che Trump tornerà sui suoi passi se i mercati crollano e se dazi più alti ostacolano l’obiettivo di ridurre l’inflazione. «La mia supposizione (ma è una supposizione!) è che Trump imporrà i dazi che ha minacciato nell’ultima settimana», dice al Corriere Robert Armstrong, il giornalista finanziario del Financial Times che ha inventato l’acronimo Taco. «I mercati non lo prendono sul serio – aggiunge – e questo lo renderà più risoluto. Finora i mercati non credono che imporrà questi dazi o che essi causeranno un grave danno alla crescita economica: eventualmente queste previsioni verranno messe alla prova». Se Trump non arretra, la prossima domanda è: come reagiranno i mercati e come reagirà a Trump ai mercati? «Se le azioni e le obbligazioni subiscono cali, troverà una scusa per fare un passo indietro dopo un periodo abbastanza lungo da preservare l’apparenza di durezza? Io suppongo di sì. Ma chi lo sa».
I dazi stanno generando entrate per gli Stati Uniti, ma le stime indicano che non saranno sufficienti a compensare la nuova spesa e i tagli alle tasse approvati dal Congresso. «Gli americani sceglieranno marchi locali e inizieranno a importare da Paesi con dazi più bassi? L’economia cambierà e non sappiamo esattamente quali saranno le entrate dei dazi finché non sono stabili; e per come vanno le cose adesso non saranno mai fissi», continua Armstrong. Non c’è stato un forte impatto sull’’inflazione, notizia eccellente per Trump. «Ma credo che sia presto: importatori e venditori all’ingrosso aspettano, non vogliono alzare i prezzi dato che non sanno se i dazi resteranno. Perciò l’effetto sui prezzi è ancora da vedere».
Il piano di Trump potrebbe funzionare? «Bisogna vedere cosa si intende per funzionare. Diciamo che i dazi restano, le importazioni diventano più costose, c’è un po’ di inflazione ma non tanta. Forse gli esportatori e importatori assorbono parte dell’impatto e con il tempo, con gli anni, l’industria locale americana cresce. Ma ci vorrà molto tempo. Per esempio parte dell’idea dei dazi sul rame è che in America ne abbiamo, ma costruire una grossa miniera richiede dieci anni. Quindi è importante capire se i dazi restano in vigore non solo nell’amministrazione Trump ma anche in quella successiva».
14 luglio 2025
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