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Boom di Airbnb a Torino, la storia di Giada: «Ho iniziato con due alloggi di mamma. Ora ne gestisco cento»

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«La mia storia inizia con due piccoli appartamenti di mia madre. Facevo tutto da sola: pulizie, accoglienza, persino i muffin, che lasciavo fuori dalla porta per i clienti». Oggi Giada Ruscica, 38 anni, laureata in Giurisprudenza ed ex commessa di un negozi di scarpe, è tra i principali «large host» della città. Dieci anni fa ha mosso i primi passi nel mondo degli affitti brevi, e ora, grazie alla sua azienda, gestisce oltre 100 alloggi.

Tracciamo la sua linea di partenza?
«La mia è in corso Unione Sovietica, dove c’era i due alloggi di famiglia».

Come nasce l’idea di metterli su Airbnb?
«Volevamo evitare nuovi problemi con gli affittuari e altri sfratti. Ho visto il sito e mi sono detta “proviamo”. Da lì è partito tutto, in Italia non lo usava ancora nessuno».

I primi annunci per altri?
«Qualche anno. Lavoravo nel marketing e gestivo alcune strutture di famiglia. Poi una mia amica mi convinse a farne la mia principale attività. Iniziai con tre mansarde in Borgo Dora».

È vero che i proprietari di casa guadagnano molto con gli affitti brevi?
«Mah. In questo campo i risultati si vedono dopo un po’ e in alcuni momenti dell’anno può anche capitare che non entri niente. Per chi vuole un guadagno fisso io consiglio i contratti a lungo termine».

Perché allora tanti scelgono questa strada?
«Per la flessibilità e la sicurezza del ritorno economico. Non ci sono difficoltà: nessuna occupazione, è sempre tutto sotto controllo e il proprietario, volendo, può decidere di stoppare tutto e andarci a dormire oppure ospitare parenti e amici».

È tutto così facile?
«Non proprio. Occorre far capire ai proprietari di casa che bisogna investire: mettere un ventilatore o almeno i pinguini».

Che piazza è quella torinese?
«Il mercato di Torino è particolare e meno performante rispetto ad altre città. Il turismo è legato soprattutto agli eventi, i prezzi minimi sono più bassi rispetto a Roma, Firenze o Milano. Negli ultimi anni ho visto un aumento esponenziale delle strutture, ma il turismo non cresce allo stesso ritmo. Abbiamo registrato un calo del 20% del fatturato e perso clienti anche a causa della nuova normativa, piena di cavilli burocratici».

Parla del self check in? Voi usate le key box?
«C’è stata molta confusione: mesi fa le abbiamo rimosse perché una circolare del Ministero dell’Interno lo imponeva. Poi la Corte dei Conti ha fatto marcia indietro. Il tema dell’identificazione, però, resta serio. Per ora lo gestiamo con la tecnologia: foto del cliente confrontata con i documenti, videochiamate e spioncini digitali».

Qual è il futuro di questo business?
«Gli affitti a medio termine. Ci sono stranieri che arrivano a Torino per qualche mese, americani, brasiliani, ultimamente anche ucraini. Altri si trasferiscono per lavoro, studio o motivi di salute e, prima di trovare una sistemazione definitiva, cercano un appoggio temporaneo anche di alcuni mesi».


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13 luglio 2025

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