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Volo Air India caduto: dallo spegnimento dei motori alla riaccensione (fallita), cos’è successo in 10 secondi

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Qualcuno, dentro la cabina del Boeing 787 di Air India, ha spento i motori. Qualcun altro sempre dentro la cabina, li ha riaccesi. Ma era troppo tardi e l’aereo volava a una quota troppo bassa. In mezzo lo scambio, registrato da una delle scatole nere: «Perché hai spento i motori?», chiede un pilota. «Non l’ho fatto», risponde l’altro

Da «Run» a «Cutoff»

Dieci secondi, tanto passa tra quando i due interruttori che controllano il flusso di carburante si spostano da «Run» a «Cutoff» — mettendo fuori uso i propulsori — e quando le stesse levette vengono riportate a «Run». Il rapporto preliminare, pubblicato dalle autorità indiane, non spiega né chi abbia accusato chi, né chi abbia deciso di salvare una situazione ormai senza scampo. E sottolinea che c’è stato uno spostamento degli interruttori, senza di fatto attribuirlo a un’azione umana. Cosa che lascia perplessi gli esperti visto che per muoverle bisogna prima sollevarle, riducendo al minimo il tasso d’errore. 

Le vittime

Il 12 giugno il volo Air India 171 è precipitato trentadue secondi dopo il decollo dall’aeroporto di Ahmedabad. Era diretto a Londra Gatwick e nell’incidente sono morte 241 persone a bordo (si è salvato un solo passeggero) e altre 29 a terra: il Boeing si è schiantato contro un college. Un colpo, anche d’immagine, non solo per una compagnia storica, in difficoltà da decenni, e ora rilanciata del potente gruppo Tata, ma anche per il governo indiano che sta investendo miliardi di dollari per rendere il Paese un hub mondiale del trasporto aereo. 

Il decollo e il comando

Tutto, a bordo, avviene in fretta. Alle 13.38 e 39 secondi locali (le 10.08 e 39 secondi in Italia) il Boeing decolla. La scatola nera non registra alcuna anomalia sui parametri di volo. Ma tre secondi dopo gli interruttori che controllano il flusso di carburante iniziano a spostarsi uno dietro l’altro «in un secondo» da «Run» a «Cut off». 

L’identificazione delle voci

Il rapporto preliminare non spiega quale dei due motori smette di funzionare per primo. Così come non dice se è il comandante ad aver chiesto al primo ufficiale se ha spento i propulsori o viceversa. Eppure, spiegano due esperti consultati, è un’informazione non soltanto importante ma anche facilmente ricavabile perché la scatola nera che registra il sonoro in cabina ha memorizzato quattro differenti piste audio: una per pilota, più una per il terzo eventualmente presente nello strapuntino, e uno generale di ambiente. 

Il tentativo di salvarsi

Una decina di secondi dopo chi è in cabina riattiva il flusso di cherosene del motore 1 (quello a sinistra) e quattro secondi dopo del motore 2. La sequenza, stando a quanto riferiscono al Corriere due fonti occidentali a conoscenza dell’inchiesta, indica che potrebbe essere stato il comandante a provare a salvare la situazione. Ma gli stessi avvisano che sono gli indiani ad avere le tracce audio originali e sapere chi ha fatto cosa. Ma la manovra estrema non basta. Alle 13.39 e 5 secondi viene lanciato un triplo «mayday» (anche in questo caso non viene spiegato chi) e sei secondi dopo l’aereo si schianta.

lberberi@corriere.it

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12 luglio 2025

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