Le crisi, diceva Albert Einstein, sono una «benedizione» perché innescano il progresso. La pensano così, o almeno lo auspicano, il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, e il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che, intervenendo (ieri, a Milano) all’assemblea dell’Abi, l’Associazione bancaria italiana, sollecitano istituzioni e operatori a cogliere le opportunità offerte da questa fase di grandi trasformazioni, che certamente aumentano l’incertezza, ma aprono anche spazi di miglioramento per l’Italia e l’Europa.
È vero, «l’inasprimento delle barriere doganali potrebbe frammentare le filiere produttive globali, aumentando i costi di produzione e alimentando l’inflazione», sottraendo «mezzo punto percentuale alla crescita nell’area dell’euro tra il 2025 e il 2027», dice Panetta. Ma lo stesso governatore sottolinea che, poiché «per la prima volta da decenni, il ruolo centrale del dollaro nel sistema finanziario globale è stato messo esplicitamente in discussione», si aprono per l’Europa «nuove opportunità». Che però, «potranno essere colte solo rilanciando con determinazione il progetto di integrazione, completando il mercato unico e adottando politiche comuni per l’innovazione, la produttività, la crescita».
Sì agli eurobond
Secondo stime della stessa Bankitalia, continua Panetta, un «titolo pubblico europeo» — proposta che ieri il governatore non ha perso occasione di rilanciare — potrebbe ridurre «di mezzo punto percentuale il costo del finanziamento per le imprese, stimolando investimenti aggiuntivi per 150 miliardi di euro l’anno», con «un incremento del Pil europeo dell’1,5%». Come dire che gli eurobond potrebbero più che compensare il freno alla crescita azionato dai dazi di Trump.
La realizzazione del mercato unico dei capitali in Europa è la chiave di volta, spiega il governatore. Solo così si potranno trattenere sul Continente investimenti di cui altrimenti continueranno a beneficare in particolare gli Stati Uniti. «Ogni anno – dice Panetta — l’area dell’euro investe meno di quanto risparmia (3.200 miliardi di euro a fronte di 3.700 nel 2024), al contrario degli Stati Uniti (5.900 miliardi contro 4.700), e presenta una posizione patrimoniale netta verso l’estero positiva, pari al 10% del Pil. In altri termini, l’Europa non esporta solo beni, ma anche risparmio – in larga misura verso gli Stati Uniti».
Fare squadra
Ma quello che possono e devono fare le istituzioni non basta. Servono anche più investimenti da parte del sistema bancario nella transizione digitale, afferma il governatore della Banca d’Italia: «I benefici si riflettono sulla clientela. Attualmente, tre italiani su quattro dispongono dell’home banking, con risparmi significativi di tempo e di costi. Nel 2023 i conti correnti online risultavano in media il 70 per cento più economici rispetto a quelli tradizionali». Bisogna proseguire su questa strada.
A spronare le banche ci pensa anche il ministro Giorgetti, chiedendo loro di fare fino in fondo la loro parte, sia sul fronte del sostegno alle imprese, dove «seguiamo con preoccupazione i segnali di contrazione del credito», sia sul fronte dell’«adeguamento dei tassi di remunerazione dei conti correnti», dove invece hanno «giocato di rimessa», rimprovera il ministro. In questa fase di grandi trasformazioni, insiste, «l’Italia deve fare squadra: governo, autorità di vigilanza, intermediari finanziari».
La sfida della difesa
L’esecutivo, continua Giorgetti, la sua parte l’ha fatta. E rivendica «il Pil cresciuto dello 0,3% nel primo trimestre 2025, la disoccupazione scesa al 6,5% e l’inflazione all’1,6%, lo spread ai minimi da 15 anni». Ora però bisogna affrontare sfide senza precedenti. «Mettiamo in fila i dazi – sintomo di un mutamento epocale – la guerra, il crollo demografico, i rischi climatici, la rivoluzione digitale. In nessun anno dal secondo Dopoguerra ci siamo trovati di fronte a tanti guai», sostiene il ministro. Che invita a riflettere su come siano cambiate velocemente le priorità: «Siamo passati dal dovere esclusivo della conversione energetica alla conversione verso l’industria delle armi».
Sulla difesa, osserva Giorgetti, «altre nazioni hanno investito cifre imponenti», invitando anche qui le banche a fare di più, prendendo esempio dagli altri Paesi: «L’acquisto da parte di fondi esteri di pezzi importanti di questa filiera della difesa è già in atto. E mi è allora doveroso chiedervi: cosa fa il sistema bancario italiano? Il sistema nel suo complesso deve affrontare questa sfida epocale». Domande che non lasciano indifferenti i banchieri. Che, sia pur garbatamente, respingono le critiche, in particolare sul credito alle imprese. «Siamo in linea con le richieste del ministro», dicono all’unisono i presidenti di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro, di Unicredit, Pier Carlo Padoan (già ministro dell’Economia nel governo Renzi), del gruppo Bcc Iccrea, Giuseppe Maino. Non resta che chiedersi: ma allora con chi mai ce l’avrebbe il ministro dell’Economia?
11 luglio 2025 ( modifica il 11 luglio 2025 | 22:03)
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