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Rosy Bindi: «Ero al mare con i nipoti, poi l’incendio. Quando Prodi andava a Castiglione passava a trovarmi»

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«Ero andata a trovare i miei ragazzi al mare: tra nipoti e pronipoti stiamo arrivando a sette… Ma non ho beccato la giornata giusta. Avevamo appena finito di pranzare in hotel: era una giornata bellissima, prima ho visto delle nuvole nere, poi scoppi ripetuti: erano le bombole del campeggio. Ci hanno evacuati tutti, circa 600 persone». Rosy Bindi racconta così l’incendio che ha sfregiato la pineta di Roccamare, a Castiglione della Pescaia, da sempre il buen retiro estivo di Romano Prodi e già luogo d’ispirazione di Italo Calvino e Norberto Bobbio. È l’occasione, adesso che la paura è passata, per ripercorrere con l’ex ministra quelle estati in cui l’attenzione di giornali e tv si riversava tutta in questo meraviglioso angolo di Maremma, dove Prodi correva (in bici e a piedi) per pensare a come gestire le complicate brigate dell’Ulivo e dell’Unione, che lo sostenevano a Palazzo Chigi. Bindi cita il Professore con un rispetto sacrale. E tiene molto a non parlare solo del passato, perché lui per primo, a quasi 86 anni, «continua a guardare sempre al futuro». 

Però bisogna ripartire dall’estate 1996… Un’immagine? 
«Il legame con Roccamare di Prodi e tutta la sua famiglia è importante. Ho forte il ricordo di quando Romano, da premier, partiva da Bologna con la sua auto, con le valigie sul tetto, come una famiglia normalissima. La mia casa è tra il castello di Gargonza, luogo a lui molto caro e dove portava il governo in ritiro, e Monte San Savino». 

L’ultima tappa prima di arrivare davvero al mare… 
«Esatto. Mi passava a trovare e discutevamo. La cosa che ricordo di più era l’intesa tra lui e sua moglie Flavia. Un’intesa granitica, sul piano sentimentale quanto su quello politico. In queste chiacchierate eravamo sempre in tre, insomma». 

Eravate riusciti a battere Berlusconi, ma le tensioni erano estenuanti. 
«Avevamo costruito un’alleanza vera, grazie a un grande leader. Prodi era riuscito a governare approvando riforme per il bene del Paese, costruendo una sintesi politica che si affrancasse da partiti, anche quelli più piccoli, che però avevano un marcato potere contrattuale. Furono governi brevi, ma molto fruttuosi». 

Il centrodestra attaccava dicendo che «Prodi faceva il comunista per finta, perché aveva la villa a Roccamare». Si ricorda? 
«Ma quale villa. Era la casetta al mare di una famiglia normalissima. Che poi era il vero vantaggio di Prodi rispetto a Berlusconi». 

Lei oggi ha la tessera del Pd? 
«Non l’ho più fatta dal 2018, quando ho lasciato il Parlamento». 

E negli anni l’ha anche contestato duramente… Cosa ha votato? 
«Ho sempre votato bene». 

Quindi
«Ho sempre votato il Pd. Se mi prendo qualche libertà, quando i candidati non sono accettabili, lo faccio sempre nel perimetro della vera alternativa alla destra». 

Cosa pensa della «tenda riformista» a cui sta lavorando Matteo Renzi in vista delle Politiche 2027? 
«Che Renzi riesca a unire mi pare un po’ complicato… Però penso che nel centrosinistra, specie con la posizione più radicale del Pd con Elly Schlein, ci debba essere una forza in grado di intercettare un elettorato più moderato, a patto che sia davvero in questo recinto politico. Il problema sono le attuali leadership. Da una parte c’è Calenda con il “centro mobile” e dall’altra c’è Renzi. Servirebbe un vero federatore». 

Quindi si torna al punto: servirebbe un Prodi 3.0. Chi le piacerebbe come candidato premier? 
«Non sono in grado di dirglielo. Anche a sinistra sono tutti diventati vittime del leaderismo. In questa potenziale alleanza anti-Meloni ci sono differenze programmatiche anche importanti, ma con la politica sono tutte superabili. È necessario offrire una alternativa a questo governo che sta dalla parte sbagliata del mondo e che fa male all’Italia». 

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11 luglio 2025

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