
Una nova strada si apre nella lotta alla malattia di Alzheimer copiata da un meccanismo fisiologico noto da sempre e di cui solo ora i ricercatori dell’Harvard Medical School, diretti da Christiane Wrann, hanno scoperto il primum movens in uno studio appena pubblicato su Nature Neuroscience. Si tratta dell’attivazione del gene ATPIF1 che normalmente si ottiene attraverso l’esercizio fisico: una volta innescata combatte la malattia promuovendo la sopravvivenza, la plasticità cellulare e la funzione sinaptica soprattutto a livello del giro dentato dell’ippocampo.
DAL TOPO ALL’UOMO
Scoperto prima nell’esercizio anaerobio del topo sul girello delle gabbiette di laboratorio, è poi risultato presente anche nell’uomo grazie a studi di sequenziamento dell’RNA, e i ricercatori sono già all’opera per capire come attivare questo gene anche senza esercizio fisico, che non tutti possono sempre fare, e comunque come trattamento di rinforzo per chi lo potrebbe fare ma magari è un po’ pigro. Un noto studio australiano con accelerometri da polso, pubblicato su JAMA Neurology nel 2022, ha indicato che con 3800 passi al giorno il rischio di demenza si dimezza, ma il beneficio non sale di molto nemmeno arrivando a 9800 passi. Forse allora una “spintarella” chimica non guasterebbe.
ASTROCITI E OLIGODENDROCITI
Nell’Alzheimer si riducono gli astrociti associati al sistema neurovascolare, ma l’esercizio li fa aumentare: queste cellule, fondamentali nell’architettura gliale del cervello, modulano le sinapsi e sono coinvolte nei meccanismi di memoria, apprendimento e comportamento. Gli oligodendrociti invece sono le cellule gliali maggiormente recuperate dall’esercizio: producono la mielina, la guaina isolante simile a quella dei cavi elettrici che avvolge i rami nervosi.
ELICASI
Il gene ATPIF1 agirebbe anche più a monte esaltando l’attività delle elicasi, enzimi proteici che mantengono stabile il genoma mitocondriale e nucleare durante la replicazione in quanto agiscono sul DNA telomerico evitando che i telomeri, considerati il simbolo dell’eternità cellulare, vengano pian piano accorciati ad ogni duplicazione da un altro enzima chiamato telomerasi.
Le elicasi determinano quindi un processo di senescenza inversa perché fenomeni come l’età e stili di vita sbagliati come il sovrappeso, la sedentarietà, l’insonnia, l’errata alimentazione e malattie come il diabete o il dismetabolismo portano alla progressiva riduzione dei telomeri, mentre una moderata attività fisica può opporsi alla senescenza grazie a un ridotto accorciamento dei telomeri, verosimilmente da attivazione dell’ATPIF1.
5 luglio 2025
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