
Buona la prima, grande successo di critica e di pubblico, spettatori più di duemila, cielo coperto, caldo effetto serra, umidità amazzonica, volute di fumo dai barbecue, hamburger, patate fritte, cosce di tacchino, peperoni, broccoli, senape, coca cola, palco con l’orchestrina, fuori traffico impazzito, le auto non sono più blu ma prendono tutta la strada, ci sono pure un paio di tavoli per permettere ai tanti militari di lasciare lì i cappelli, che con l’afa diventano elmi, code all’ingresso, file ai metal dector, una colonna in marcia a un centimetro all’ora per salutare lui, Tilman J. Fertitta, il nuovo ambasciatore in Italia voluto dall’ amministrazione americana del post Biden.
Tante prime volte ieri a villa Taverna per i duecentoquarantanove anni dal giorno della dichiarazione di indipendenza, quella che vuole tutti gli uomini liberi e uguali e autorizzati a rivendicare il diritto alla felicità. È il primo ricevimento dell’era di Donald Trump, l’esordio diplomatico dell’ambasciatore e miliardario texano dai capelli rossi, il sorriso gioviale, la stretta di mano calorosa. Non ce la fa a rispondere a tutti, tempo tiranno, e allora Fertitta esce tra la folla, stringe mani, accetta selfie, compreso quello con Marco Tronchetti Provera.
Ma, soprattutto, c’è l’intero centrodestra schierato, mentre sono assenti i leader delle opposizioni, con una robusta eccezione, che hanno deciso che si notano di più se non ci vanno. Giuseppe Conte invece sì che c’è, perché, si apprende, il suo no all’aumento al 5 per cento della spesa militare non è certo un no alla Nato né al rapporto con l’alleato d’otreoceano. E poi, vuoi mettere la soddisfazione di prendere in contropiede Elly Schlein e compagni? E pazienza se Maurizio Gasparri, che preferisce sempre perdere un amico che una battuta, sussurra che Conte sia venuto lì per il catering. Poche altre presenze in zona opposizioni: Maria Elena Boschi, Marco Minniti, un Rocco Casalino dimagrito e in forma smagliante, Roberto Fico che per qualche ora si libera dalla croce e delizia della battaglia della Campania, il presidente del Copasir Lorenzo Guerini.
Ma è il centrodestra di governo a giocare la parte del leone, a partire da Giorgia Meloni che arriva accompagnata dalla sorella Arianna e dice che pure Italia e Stati Uniti sono sorelle, cita Reagan e Cicerone e sostiene che ci sono buoni rapporti anche quando si è in disaccordo, e chissà se sta pensando all’amico Trump, che proprio ieri ha cominciato a chiudere il rubinetto delle armi che servono a sostenere l’Ucraina contro l’invasione di Putin. C’è il presidente del Senato, Ignazio La Russa, ringraziato dal palco. Quasi al completo la squadra dei ministri, a cominciare dai due vice Matteo Salvini e Antonio Tajani, che afferma come l’Italia abbia due stelle, l’Unione europea e gli Stati Uniti. E poi, ancora Meloni, ringrazia Trump per aver nominato ambasciatore Fertitta, che ha pure origini siciliane, e con il quale è certa che «faremo un grande lavoro».
Già, Tilman Fertitta, è lui il maestro di cerimonia, e dal palco non si fa pregare: «Adoro il nostro rapporto con l’Italia. Il rapporto con Meloni, Tajani e Salvini è davvero fantastico. Li ho conosciuti tutti molto bene ed è incredibile quanto i nostri Paesi siano intrecciati e quanto lavoriamo insieme e ci sosteniamo a vicenda». Un vero americano Fertitta, una sorta di Martin Eden (vabbè, magari è troppo), che ha cominciato sbucciando i gamberetti al ristorante del padre. Ora ha messo da parte 11 miliardi di dollari, numero 260 della classifica Forbes, è proprietario di una catena sterminata di alberghi, casinò, ristoranti di lusso, parchi di divertimento e acquari. Ha 68 anni e 50 mila dipendenti. Ha speso più di due miliardi di dollari per avere gli Houston Rockets, squadra di basket della Nba, e ha pure avuto successo con un reality, Billion dollar buyer, dove fa grandi acquisti da chi è in grado di offrire il meglio. E siccome ci sono lavori di ristrutturazione a villa Taverna, si acconcia pure a fare il pendolare con l’elicottero, per andare a dormire sul boardwalk, un campo da calcio di yacht ancorato a Civitavecchia.
Ma intanto il giardino all’italiana della villa è invaso, anche se un percorso protetto permette alla fanfara dei bersaglieri di suonare a passo di corsa. Si vede Lamberto Dini, con camicia celeste a maniche corte fuori dal pantaloni, un’impeccabile Mara Carfagna, il presidente di Federalberghi Barnabò Bocca, l’autrice e produttrice tv Simona Ercolani, e ancora tanti e tanti.
Poi non poteva ovviamente mancare una nutrita rappresentanza del generone romano di pontificia memoria, impegnata in infiniti bilaterali di seconda divisione e nel tentativo di far fuori paninoni imbottiti senza sporcarsi. L’invito (ambito, ricercato, preteso, supplicato) consigliava per il dress code un abbigliamento business casual, ma per lo più è prevalso l’effetto matrimonio, con tanto di gomitatine e sussurri: «Ma ha visto come si è vestito/vestita?».
Comunque villa Taverna è rimasta lì, impassibile, a fare la sua magnifica figura, con l’ultima sistemazione voluta dal conte Ludovico e con una loggia che ha un panorama impareggiabile su Roma. Poi la figlia del conte si sposò con un principe, don Vitaliano Borromeo, e tutti e due insieme la vendettero agli Stati Uniti, che giustamente se la tengono stretta.
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2 luglio 2025
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