
In Spagna, il cerchio si stringe intorno a Pedro Sánchez, il premier dalle sette vite, dopo che ieri è finito in carcere preventivo per corruzione, su ordine della Corte Suprema, l’ex numero tre del Psoe, scaricato in tutta fretta dal capo del governo. Il Partito Popolare, all’opposizione, è ampiamente in vantaggio nei sondaggi, al 34% contro il 27% del Psoe.
Il leader conservatore Alberto Nuñez Feijóo ha attaccato duramente il premier: «Vogliamo solo sapere quando firmerà le sue dimissioni», aggiungendo che per la mozione di sfiducia «non mi manca la volontà, mi mancano quattro voti». Voti che starebbe forsennatamente cercando tra i gruppi parlamentari che hanno sostenuto il governo Sánchez dall’inizio della legislatura. Difficile, però, che li trovi a sinistra come tra i piccoli partiti catalani e baschi, vista l’ostilità del Pp al separatismo e la sua vicinanza all’estrema destra di Vox. Il primo no, martedì mattina, è arrivato dal Blocco Nazionalista Galiziano: «Non appoggerà in nessun caso una mozione di sfiducia promossa dall’estrema destra e dall’ultradestra».
Anche all’interno del Psoe c’è grande tensione e molti ora chiedono «un cambio profondo» nella dirigenza. L’attacco più duro al premier, da sinistra, viene dallo scrittore Xavier Cercas che sulle colonne di El Pais, quotidiano che finora ha sempre sostenuto a spada tratta il capo del governo, oggi scrive: «Il presidente Sánchez dovrebbe dimettersi? Senza giri di parole: sì… Manca di legittimità per governare un presidente i cui due collaboratori più stretti da un decennio sono sotto inchiesta per aver fatto parte di una organizzazione criminale, senza dimenticare che sono indagati per altri reati sua moglie, suo fratello e il procuratore generale dello Stato».
E a seguire, ancor più sferzante: «Il presidente Sánchez afferma che non si dimette perché consegnare il governo alla destra e all’estrema destra sarebbe “una tremenda irresponsabilità”. La frase comporta il riconoscimento che sta governando senza l’appoggio della maggioranza sociale, il che risulta inquietante… Preferiamo che governino i nostri, anche se sono in minoranza? Cosa è più importante: la sinistra o la democrazia?».
Alle elezioni anticipate di fine luglio 2023, convocate in tutta fretta da Sanchez già assediato dagli scandali, il Pp di Feijóo, a sua volta non esente da casi di corruzione, aveva ottenuto il maggior numero di voti ma non era riuscito a formare una maggioranza di governo. Sanchez invece aveva “assemblato” una coalizione di governo con la sinistra di Sumar, ottenendo l’appoggio esterno di nazionalisti baschi e catalani, in cambio del sostegno del suo esecutivo all’amnistia per le persone implicate nel processo secessionista in Catalogna, dal novembre 2011 al novembre 2023, amnistia approvata in via definitiva dalla Corte Costituzionale nei giorni scorsi.
Assediato in patria, Sanchez continua a cercare legittimità sul fronte internazionale, dopo le sue dure prese di posizione contro l’aumento della spesa militare, preteso da Donald Trump, al recente vertice Nato. Ieri, a margine della Quarta Conferenza Internazionale sul Finanziamento dello Sviluppo delle Nazioni Unite in corso a Siviglia, ha incontrato il presidente francese Emmanuel Macron, il leader a cui secondo alcuni analisti vorrebbe scippare il ruolo di baluardo anti-Trump sulla scena internazionale.
1 luglio 2025
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