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Il mais del futuro? Le tre strade per produrre di più con meno fra Ogm, Tea e «breeding» radizionale

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Mentre gli uffici del Commissario europeo allo Sviluppo rurale Christophe Hansen sono al lavoro per semplificare il testo della Pac (Politica agricola comune) per ridurre gli oneri burocratici per gli agricoltori e destinare parte dei fondi alla copertura dei danni provocati dall’estremizzazione del clima c’è chi, dividendosi fra campo e laboratorio, è alla ricerca di una risposta genetica alla sfida dei cambiamenti climatici: piante, in sintesi, più resistenti a vento, pioggia e siccità e, quindi, meno dipendenti dai trattamenti chimici e dai tradizionali (e dispersivi) metodi di irrigazione.

Per ora, l’unica certezza è che non ci sono certezze: non esiste infatti una soluzione singola al problema, anche per motivi etici e ideologici, a partire dalla dicotomia fra impostazione pro o contro Ogm che riguarda la coltivazione forse più caratteristica della Pianura padana, alla base, fra l’altro, della filiera zootecnica e dell’industria della trasformazione alimentare: il mais.

Bisogna atterrare a Phoenix e guidare poi fino a Tucson, Arizona, per dare forma a questa divaricazione tecnologica. Qui, in mezzo al deserto del Sonora, la divisione Crop Science di Bayer ha realizzato una mega serra dove si studiano le nuove varietà di mais capaci di resistere all’estremizzazione degli eventi meteorologici: vento e grandine in testa. L’unicità del laboratorio è che la serra è asetticamente divisa in due: da un lato la sperimentazione delle coltivazioni Ogm che guarda ai mercati americani e asiatici e, oltre il muro, il breeding, cioè le tecniche di miglioramento tradizionali attraverso gli incroci e le impollinazioni manuali che rispondono alla domanda di nuove semenze Ogm free degli agricoltori europei. E che hanno dato vita a una qualità di mais di ridotte dimensioni e dunque più resistente grazie alla maggiore stabilità in caso di vento forte e resistenza a eventi atmosferici avversi.

Ragiona Giovanni Garbelli, presidente di Confagricoltura Brescia che, al netto del tondo da cemento armato e della rubinetteria, è la prima provincia agricola d’Italia: «Non esiste una ricetta univoca per raggiungere un equilibrio sostenibile fra input e output. Dipende su quale risorsa scarsa bisogna lavorare. In Italia è lo spazio, quindi è necessario investire in tecnologia per aumentare la produttività. In Sudamerica, invece, un approccio estensivo permette di risparmiare acqua e trattamenti. Sono due modelli antitetici. Poter agire sulla genetica per migliorare la resistenza ai parassiti e agli agenti atmosferici di colture come mais e soia genera un vantaggio competitivo enorme. Il paradosso è che, mentre in Italia è vietato coltivare Ogm è però possibile importarne, col risultato che comunque nella razione giornaliera dei nostri capi gli Ogm hanno una presenza determinante».

E, mentre in Lombardia i test sul mais nano sono iniziati già dalla scorsa semina sugli appezzamenti di 350 aziende, a complicare ulteriormente il quadro — o forse in prospettiva a risolvere la diatriba fra pro e contro Ogm — ecco l’annuncio dell’assessore lombardo all’Agricoltura, Alessandro Beduschi, dell’imminente avvio della prima sperimentazione in campo, fra la campagna cremonese e quella bresciana, di mais Tea, acronimo che sta per Tecnologie di evoluzione assistita. Una pratica che ha ricevuto da Bruxelles il semaforo verde e che sostanzialmente va a modificare il Dna della pianta ma non introduce materiale genetico di altre specie come per gli Ogm. 

«La coltivazione del mais soffre da decenni di problematiche legate ad attacchi di parassiti, tanto da causarne importanti cali della produzione — spiega Beduschi —. I principali obiettivi del miglioramento genetico rimangono l’aumento della produttività, della tolleranza al freddo primaverile e allo stress idrico e della resistenza a parassiti e patogeni. I ricercatori hanno finalmente individuato alcuni geni che regolano la suscettibilità e la resistenza a questi parassiti. L’editing mirato di questi geni consentirebbe di ottenere linee di mais tolleranti ai marciumi e di verificare il loro comportamento in successive prove in campo».

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30 giugno 2025 ( modifica il 30 giugno 2025 | 19:53)

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