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L’ex ministro Castelli rilancia il nord e bacchetta Calderoli sull’autonomia: «Come sei finito male»

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Nel gran caldo stagnante che sabato 28 giugno assediava la Bassa si sono ritrovati in un centinaio, con un sogno in testa: far tornare a soffiare il vento del nord. Un’impresa che potrebbe apparire impossibile se vista con gli occhiali della meteorologia, ma non con quelli della politica. Ne è convinto il centinaio di attivisti accorsi da tutta «la Padania» a Caravaggio per lanciarsi nell’impresa che il loro stesso leader, l’ex ministro Roberto Castelli definisce «difficilissima», ma anche «un dovere morale». 

Nell’ex convento di San Bernardino si è celebrato il primo congresso del Ppn, Partito Popolare del Nord che vuole rimettere al centro la questione settentrionale finita in soffitta con il Sole delle Alpi e l’ampolla con l’acqua del Po, quando la Lega Salvini Premier ha messo i panni di partito nazionale. Un passaggio amarissimo per i sostenitori del Ppn e, non a caso, il nome di Matteo Salvini non sarà mai pronunciato, accogliendo l’auspicio del commissario lombardo Giulio Arrighetti che aprendo i lavori dice: «Spero che non si citino certi personaggi». E poi aggiunge: «Sappiamo di muoverci su un terreno accidentato e sappiamo che molti dei concetti che abbiamo sdoganato sono diventati parole d’ordine di partiti di estrema destra nazionalista che ora le usa per sostenere uno Stato centralista». 

Per far questo Arrighetti propone una nuova agenda politica a base di temi locali come la sicurezza, la legittima difesa, l’ambiente, la sanità territoriale e soprattutto l’identità lombarda oggi attaccata. Il segno evidente è il venir meno dei cartelli con i nomi in dialetto dei paesi che erano un vanto del Carroccio: «È un’aggressione culturale silenziosa», tuona Arrighetti. Altro tema caldo è la scuola, come sottolinea la vicesegretaria, la consigliera comunale di Pontida Francesca Losi, che modera il congresso ed è un fiore all’occhiello del Ppn. L’anno scorso la sua candidatura ha raccolto il 15% dei voti, costando il Comune alla Lega.

L’altro consigliere comunale che il partito ha in provincia è il padrone di casa, il caravaggino Rocco Lombardo che rimette al centro il federalismo: «Dedico questo momento a mio padre — racconta Lombardo —. Era originario di Locri e si era trasferito qui nel 1948. Diceva sempre che l’Italia era fatta, gli italiani quasi, ma per gestire il Paese l’unica via era il federalismo». 

Tocca a Roberto Castelli nella relazione da segretario fare il punto della situazione, prima di lanciare la carica sul prossimo passo del nuovo progetto politico. «Siamo una manica di matti o di nostalgici? — si interroga l’ex ministro — Anche se abbiamo i capelli bianchi siamo ancora un’avanguardia politica di questo disgraziato Nord che si è addormentato, ma noi teniamo viva la fiammella. Oggi la gente fa fatica ad arrivare a fine mese e si rivolge a mamma Stato. Per questo tanti sono diventati centralisti. Avete notato la grande trasmigrazione dei voti della Lega indipendentista alla Meloni. Quel milione di persone che era sul Po dove è finito? La questione settentrionale invece è più viva che mai e c’è bisogno di portare avanti le sue istanze».

Per questo Castelli bacchetta Roberto Calderoli e la sua legge sull’autonomia differenziata ritenuta barocca e meridionalista: «Come sei finito male!», chiosa l’ex ministro che riserva il siluro più grande per la Corte costituzionale. «Approfittando della debolezza della politica — attacca Castelli — non solo boccia la legge Calderoli ma legifera contro il federalismo andando contro la Costituzione. Sarà un caso, ma due dei quindici giudici sono nati a Milano e gli altri da Roma in giù, dove c’è una cultura ben precisa che sa che campa sulle nostre spalle».

Per questo Castelli invita i militanti a darsi da fare, per far crescere il partito che dopo le Regionali della Liguria si avvia al riconoscimento istituzionale. Quando l’ex ministro mostra la slide con la mail della Camera che conferma l’inserimento nel registro dei partiti scatta l’applauso. Intanto il Ppn ha ben chiara la sua strada politica. «In giro — spiega Castelli — ci sono almeno una cinquantina di sigle autonomiste e se non riusciamo a coagularle non avremo la massa critica per incidere. Dobbiamo allearci ma con chiarezza. Per questo lanciamo la Confederazione del Nord, un tavolo di lavoro in cui tutti siederanno in maniera paritetica. Verrà eletto un direttorio che prenderà poi le decisioni». 

Un rassemblement federalista a cui hanno già dato l’adesione Area liberale di Ravenna, Movimento progetto Piemonte e Bologna città e provincia autonome. Un’alleanza che ritiene il suo posto naturale nel centrodestra. «Se uno legge il nostro statuto — ribadisce l’ex ministro — è chiaro che ci posizionano lì. Al momento però non ci vogliono, perché la Lega ci vede come il fumo negli occhi». Un’alleanza quella con gli autonomisti che parte però in salita con «Patto per il Nord». «Sono stato tra i fondatori — osserva Castelli — ma poi sono uscito perché va in una direzione che non condivido. Però utilizzano ancora la mia immagine!».


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30 giugno 2025

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