
L’arancione che esulta al Red Bull Ring di Spielberg non è quello dei tifosi di Max Verstappen, scornati per il tamponamento di Kimi Antonelli al loro beniamino, ma quello della McLaren. Venticinque anni dopo l’ultima doppietta, la scuderia di Woking ripete un 1-2, grazie a Lando Norris e Oscar Piastri. McLaren imperatrice d’Austria. E di un Mondiale che sembra proprio già vinto – almeno tra i Costruttori – anche se non siamo nemmeno a metà del cammino
McLaren 10
Macchina stratosferica – e lo sappiamo: con i serbatoi pieni rifilava un secondo a tutti al giro –, titolo Costruttori in ghiaccio – pure questo era ampiamente noto –. Restavano solo da calibrare i rapporti dentro il team tra i due piloti. Quando Piastri ha rischiato, a parti invertite, il patatrac che Norris aveva commesso in Canada, al muretto hanno pensato bene di predisporre i pit stop in modo tale che tra i due ci fosse «aria» sufficiente ad evitare guai: missione riuscita. Andrea Stella: «Ho detto a chi era a mio fianco che quanto era capitato in curva 4 era rischioso e non accettabile. Alla fine abbiamo imparato la lezione del Canada». Il carisma del capo.
Lando Norris: 10
Dopo il disastro di Montreal, l’impresa al Red Bull Ring per il settimo centro della carriera. Ha resistito a tutto, da una sua escursione fuori pista alla pressione di Piastri, al quale ha rosicchiato 7 punti in classifica. Ma la sua candidatura al titolo sarà credibile solo se scenderà dall’ottovolante che lo fa andare su e giù. Sono montagne russe anche umorali, sempre Stella ha spiegato bene qual è il problema di fondo di Lando: «A fine gara aveva sì vinto, ma non era del tutto contento della sua prova. Ecco, Norris deve ammorbidire l’approccio con sé stesso, deve accettare che ci possano essere le imperfezioni».
Oscar Piastri: 6,5
Al via ha saltato Leclerc e da lì in poi ha tastato la capacità di resistenza, di testa oltre che di guida, del compagno di squadra al comando. Per la serie: col cavolo che mollo il colpo. Al ventesimo giro Oscar ha rotto gli indugi, anche troppo per la verità; bloccaggio, fumata delle ruote, collisione mancata perché gli dei della F1 hanno preso a cuore lui e la McLaren. Alla fine, con la stessa onestà spesa da Norris per la fesseria di Montreal, si è scusato con la squadra. Un gesto bello e doveroso, ma visto quello che ha rischiato il voto stavolta va poco oltre la sufficienza.
Max Verstappen: 8
Subito dopo il via Kimi Antonelli s’è messo a giocare a bowling, ma lui non lo sapeva. E ignorava di essere il bersaglio dello «strike» dell’Harry Potter della F1. E’ piaciuta la compostezza con la quale Max ha accettato il rio destino: fino a non molto tempo fa Max avrebbe sbranato il collega sul posto. Ma Kimi è molto considerato da Verstappen, per cui aveva del credito da spendere (badi bene però di non rifarlo…). Piuttosto, colpisce la battuta del quadri-campione: «Al titolo non guardo più». Pessimismo strategico, per coprire i piani della controffensiva, oppure consapevolezza dei limiti della RB21? Ad ogni modo, a dispetto del -61 da Piastri e del -46 da Norris, noi non crediamo a un Verstappen già detronizzato.
Gabriel Bortoleto: 8
Era ora, è il caso di dirlo. Uno dei prospetti più attesi, ma fin qui a secco e quasi sempre battuto dal compagno di squadra, il veterano Hulkenberg, ha finalmente rotto il ghiaccio con l’ottavo posto. E’ diventato il più giovane brasiliano della storia a conquistare punti in F1. Sempre sul pezzo e vivace, è stato eletto Mvp di giornata (titolo peraltro da condividere, secondo noi, con Liam Lawson). Gabriel ha provato anche a togliere il settimo posto a Fernando Alonso, infischiandosene del fatto che sia il suo manager: ma Nando gli ha chiuso la porta in faccia senza scampo.
Charles Leclerc: 8,5
Al via s’è trovato nella condizione di poter insidiare Norris, scattato al comando dalla pole. Ma era obiettivamente difficile farcela e nella manovra si è esposto al sorpasso di Piastri. Poi però Charles ha saputo seguire i miglioramenti della SF-25 ed è arrivato il secondo podio dell’annata (il quarantasettesimo della carriera). Dopo tante domeniche con parole amare, finalmente un po’ di sereno, anche se le McLaren vanno come lippe e sono un guaio probabilmente irrisolvibile per questa annata: «Abbiamo estratto il massimo possibile dalla macchina e dalla gara. Continuerò a lottare per il podio più alto, spero che la prossima volta sia quella buona».
Lewis Hamilton: 7
Pare proprio che abbia tentato di convincere il team a virare sulla strategia su una sosta («Le gomme stanno tenendo, io resterei fuori» ha detto all’avvicinarsi del secondo pit stop per rimontare le medie e per abbandonare le hard): respinto con perdite, Sir Lewis ha dovuto adeguarsi (resta con quale umore). Nel complesso una gara senza guizzi memorabili – non ha mai avuto un passo brillante – però anche dal suo quarto posto sono venute conferme sui progressi del Cavallino.
George Russell: 5
Vincitore in Canada, cacciato nel gorgo della mediocrità in Austria, più per gli scarti dal vertice (un ritardo da… treno locale delle nostre ferrovie) che per il risultato in sé (è pur sempre un quinto posto). Perso Antonelli, la Mercedes si affidava a lui. Ma il Gp d’Austria ha segnato per le Frecce Nero-Argento un passo indietro sul fronte della prestazione.
Kimi Antonelli: 4
In Canada il primo podio in F1, poi la maturità scolastica ottenuta a pieni voti. Ma non sempre fila tutto liscio. Kimi stavolta l’ha combinata grossa sbagliando la frenata che ha determinato la «birillata» a Verstappen: sì, gli esami non finiscono mai.
Ferrari: 7
Assente Frederic Vasseur (è dovuto tornare a casa per motivi personali), è toccato al vice team principal Jerome d’Ambrosio raccontare di una «gara lineare» nella quale il team ha voluto tenere la barra al centro rispetto alle sue strategie «anche se Leclerc ad un certo punto s’è un po’ trovato nel bel mezzo del nulla». In assoluto la modifica del fondo, primo atto di una rivisitazione della SF-25 che avrà altri passaggi, ha funzionato. E il Cavallino torna secondo nel Mondiale Costruttori, posizione da difendere per attenuare la delusione di un primato sognato alla vigilia del campionato ma diventato troppo presto una chimera.
Liam Lawson: 7
Capperi, il brutto anatroccolo stavolta è diventato un cigno elegante, capace di portare la Racing Bulls a un ottimo sesto posto. Merita anche lui il titolo di Mvp, anche perché sta pian piano dimostrando che alla Red Bull il problema non era lui ma la macchina. O meglio, la macchina che non è guidata da Max Verstappen.
Fernando Alonso: 8
Per l’Aston Martin, di nuovo imbarazzata dalla pochezza di Lance Stroll, è ormai l’unico baluardo e la sola arma da battaglia. Fernando il «vecchio-giovane» ha di nuovo dato saggi di classe e di resilienza, rimanendo sempre in partita nell’area nella quale può operare una monoposto mal riuscita, e negando il settimo posto al suo protetto Gabriel Bortoleto. Al quale, per punire la voglia di sorpassarlo, alzerà le provvigioni sui contratti.
Nico Hulkenberg: 7
Partito ultimo, l’inossidabile Hulk, un altro Highlander della F1, ha portato a punti pure la seconda Sauber. Il vecchio (lui) e il giovane (Bortoleto): aspettando l’avvento dell’Audi e delle scelte sui piloti, l’equazione di Mattia Binotto è stata di nuovo dimostrata.
Isack Hadjar: 5
Ahi, ahi, sono due gare che il franco-algerino si è un po’ perso per mari procellosi. In Austria c’entra a nostro avviso la qualifica, non da top ten: è lo zoccolo duro sul quale Isack, a parte l’erroraccio di Melbourne nel giro di formazione, ha sempre costruito buone gare.
Bernie Ecclestone: 8
In vista dei 95 anni – il compleanno cade a ottobre – ma sempre fresco e «galletto». L’ex Padrino sul palco ha premiato Norris, il vincitore: Mister E, un numero 1 che ha fatto il patto con il diavolo.
Alpine: 2
In tema di demòni, ecco, fossimo nei panni di Flavio Briatore faremmo pure un accordo con Satana (o Belzebù) per tirare fuori l’Alpine da una pochezza sconcertante. Gasly s’è afflosciato come un pneumatico sforato – e proprio sul fronte delle gomme ha scontato uno stint terribile con le mescole dure –, Colapinto s’è pure beccato 5” di penalità per non essersi accorto che Piastri lo stava doppiando. Ma in assoluto è la macchina che non c’è.
Williams: 0
A proposito di delusioni, nessuno, tra piloti e squadre, è comunque al pari della Williams vista allo Spielberg: Sainz non è nemmeno riuscito a partire, con i freni in versione barbecue, Albon si è ritirato in breve. La stagione del definitivo rilancio è per ora un incubo.
Luca di Montezemolo: 5
Il già presidentissimo del Cavallino entra nel Cda della McLaren automotive. Di mezzo, dunque, non il team di F1 ma le auto commerciali. «E comunque tifo sempre per la Ferrari» ha precisato l’avvocato. Sarà sottoposto alla macchina della verità, perché il sospetto (fortissimo) è che questa sia una solenne vendetta contro la Rossa di oggi e contro quella che, ai tempi di Sergio Marchionne, lo disarcionò. Inoltre, è vero che la McLaren attuale è ben altra cosa e ha ben altri assetti rispetto a quella di Ron Dennis. Ma resta pur sempre il marchio legato alla spy story che 18 anni fa costrinse Montezemolo e la Ferrari a una dura battaglia per smascherare e sconfiggere un clamoroso illecito. Comprendiamo benissimo l’orgoglio (e pure il resto), tuttavia secondo noi il passato non si cancella.
Sebastian Vettel: 8 (ma anche 5)
Pare che Sebastian, che dopo il ritiro non si è fatto molto vedere nel giro della F1, sia intenzionato a tornare. Come dirigente, non come pilota, pronto a pensionare – così si mormora – Helmut Marko, suo mentore alla Red Bull. Be’, vedere un quattro volte campione del mondo che si prende cura del presente e del futuro della squadra che l’ha lanciato sarebbe un titolo di merito. E giubilare Marko alzerebbe ancora di più il voto. Ma ci viene in mente quella volta in cui, ai tempi della Ferrari, gli chiedemmo se gli sarebbe piaciuto, una volta smesso, di entrare nei quadri dirigenziali del racing team di Maranello: «No, non è un lavoro che farebbe per me». D’accordo che il tempo fa cambiare le idee, ma insomma…
Yuki Tsunoda: 0
Ormai, povero Yuki, non sa più nemmeno quello che dice e crede che la pista sia l’autoscontro del Luna Park (anche stavolta un cozzo, contro Colapinto). Ultimo al traguardo con la seconda Red Bull. Da non credere. Helmut Marko ne farà un sushi.
29 giugno 2025
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