Home / Sport / Sinner, cosa sta succedendo al numero 1 al mondo: le scorie del k.o con Alcaraz e le incomprensioni

Sinner, cosa sta succedendo al numero 1 al mondo: le scorie del k.o con Alcaraz e le incomprensioni

//?#

Sulla cima della montagna, il giorno dopo la piccola bufera, sembra già tornato il sereno. C’è il torneo più importante della stagione, Wimbledon, all’orizzonte. E un avversario, Luca Nardi nel derby del primo turno, da rispettare. Jannik Sinner ci sta abituando a una certa distanza tra quello che dice e quello che pensa («Dentro di me magari c’è una tempesta, ma cerco di non mostrarlo» dixit al Roland Garros) e a questa tecnica di autodifesa personale non sfugge la vicenda di Marco Panichi e Ulises Badio, allontanati dal cerchio magico del n.1 con tempismo sbagliato.

«In questo momento non sto cercando niente, ho altre cose per la testa…» dice, lapidario, nel giorno zero della sua campagna londinese sull’erba. Felpa chiara, sguardo serio, non troppa voglia di chiacchierare. Né di precisare i motivi della separazione da preparatore atletico e fisioterapista, un fulmine a ciel sereno che ha squarciato la quiete di Church Road, cogliendo l’ambiente alla sprovvista. È un Sinner loquace solo per dovere di firma la versione del campione che si presenta in conferenza stampa all’All England Club. 

Nelle orecchie risuonano ancora le parole rivolte a caldo a Parigi alla parte di team licenziata («Ho perso la finale con Alcaraz ma la buona notizia è che ho tenuto bene fisicamente in un match così lungo e intenso»), con cui giocava a calcio in calze nei corridoi del circolo aspettando il match; negli occhi rimangono i sorrisi tra Jannik e Badio la settimana scorsa ad Halle, nei primi allenamenti sul verde. Oggi la squadra è dimezzata. Eppure Jannik dice che è tutto normale: «Non è successo niente di clamoroso, ci siamo lasciati da poco e la separazione non mi sta condizionando. Mi sento libero, a posto fisicamente e mentalmente, pronto a competere qui a Londra. So perfettamente qual è il mio obiettivo a Wimbledon. Li ringrazio per il lavoro fatto e i risultati ottenuti: ho scelto di fare qualcosa di diverso».

Lecito. Finiscono i matrimoni che ci si era giurati fossero indissolubili, figuriamoci se non ci si può dividere da coach (Piatti) e collaboratori (Ferrara e Naldi prima, Panichi e Badio adesso). Però l’intento è capire, provare a indagare se nel sistema del giocatore — al di là delle parole di circostanza («Sono felice di essere stato protagonista di una partita che rimarrà nella storia») — si siano sedimentate scorie della rive droite che abbiano intossicato una cesura così netta, di pancia. Non è chiaro se a pesare sia stata più l’insoddisfazione per il programma di lavoro impostato insieme dal settembre 2024, che forse ultimamente non ha dato i risultati sperati (a Roma e Parigi, però con l’alibi validissimo dei tre mesi di sospensione), oppure certi comportamenti giudicati sopra le righe dall’understatement altoatesino e, di conseguenza, ritenuti stridenti con le regole del team. Possibile che tra adulti, tra professionisti, non ci fosse margine per un chiarimento?

Se Sinner non ha voglia di spiegare, non c’è nessuno che possa farlo al suo posto. «Non c’è una specifica ragione — ribadisce —, non è accaduto nulla di strano. La finale del Roland Garros per me è stato un traguardo pazzesco. Punto. Sono cose che nello sport possono accadere: a volte succede che un giocatore si senta in modo un po’ diverso, e questo è il mio caso». Racconta che la decisione del divorzio è recente («Dopo Halle», quindi dopo la sconfitta con Bublik), gli chiedono della canzone con Bocelli («I tre mesi in cui sono stato fermo erano il momento giusto per incidere e fare il video, Andrea è un artista incredibile»), del doppio misto che giocherà all’Open Usa con l’americana Navarro; seguono altre facezie poco rilevanti (la cena che lo sponsor del lusso ha organizzato per lui a Londra). Ma il tema è la terza rivoluzione impressa nella carriera alla sua squadra, sulla soglia dell’appuntamento più clamoroso dell’anno: un argomento su cui Jannik non è disposto a concedere spifferi.

«Nulla di grave — torna a dire ermetico, questa volta in italiano —, anzi. Abbiamo fatto un grandissimo lavoro, soprattutto nei tre mesi in cui non ho potuto giocare tornei. Poi, a volte, le cose succedono… Il timing ovviamente non è il migliore ma avendo fatto tanto lavoro prima non influirà su questo Slam. Wimbledon è un torneo speciale, voglio dare il massimo». Sostituti? «Eh ancora non ci ho tanto pensato, non è il momento. Le opzioni non mancano, ma non qui, non ora». Quali caratteristiche dovranno avere i prossimi collaboratori? «Cercherò persone adatte anche agli altri componenti del team: perché il gruppo funzioni la comunicazione è importante. Bisogna fidarsi. Come mio papà in cucina: se il cuoco non fa le cose per bene, gli altri stanno male. Cerco queste cose qua… Stiamo tanto tempo insieme, è importante trovare le persone giuste». Fiducia è la parola chiave. Non poteva più fidarsi di Panichi, e quindi di Badio. Si rifugia nel tennis, il suo maso: «Mi sento bene, sono preparato, non vedo l’ora di scendere in campo». Vale la pena fidarsi.

29 giugno 2025

29 giugno 2025

Fonte Originale