
West Side Story in una piscina abbandonata: il 5 luglio Caracalla e l’Opera di Roma mettono il capolavoro di Leonard Bernstein nelle mani del nostro regista più celebrato, Damiano Michieletto.
La forza di questo musical è che sembra scritto oggi?
«Il motivo vero è la bellezza della musica: il ritmo, l’intensità melodica, l’energia di Bernstein, che non aveva 40 anni. Ti conquista anche se non vuoi. C’è poi un altro aspetto potente: fu cominciato, messo da parte, ripreso. E riunì quattro personalità diverse, con la loro freschezza. Accanto a Bernstein, le liriche di Sondheim, il libretto di Laurents, le coreografie di Jerome Robbins che diventavano narrazione. Dietro c’è il telaio di Romeo e Giulietta di Shakespeare, calato in un contesto a loro contemporaneo, l’America degli Anni 50».
Ma i temi sono gli stessi di oggi: razzismo, inclusione, bande rivali, xenofobia.
«E l’immigrazione. Con al centro la vita e la morte. Quei ragazzi lottano per raggiungere gli ideali che vanno in frantumi. Per questo lo scontrolo ambiento simbolicamente in una piscina abbandonata alla periferia di una città USA, è il degrado urbano, una discarica dei desideri; un luogo (la piscina) che nasconde voglia di gioco e spensieratezza, qui rappresenta il desiderio di rivalsa, la ricerca di una identità».
Del sogno americano…
«C’è un richiamo con la fiaccola della Statua della Libertà, una sorta di detrito. Il sogno si è infranto ma resta l’aspirazione che ognuno possa avere una chance nella vita, di provare a credere nell’opportunità per tutti, nell’uguaglianza. La morte di Tony è come se potesse creare una sorta di riappacificazione tra bande rivali, in un futuro non sempre di violenza e di pregiudizio».
Spielberg del suo film sul musical disse: non l’ho tradito ma l’ho guardato con occhi diversi. Quel tempo è tornato come rabbia sociale.
«Lui ha avuto la possibilità di riscrivere completamente la sceneggiatura, e ha sviluppato le dinamiche dei personaggi. Altrimenti il rischio era di fare uno spettacolo teatrale filmato. Si sentono il suo segno autoriale e l’amore per quel mondo. Da noi non c’è la classica scansione del musical. Tutto viene dall’impatto fisico del cast. Lo spettacolo, ed è la forza di avere Michele Mariotti sul podio e l’Opera di Roma, ha nuove coreografie, è nell’originale inglese, integrale come non si fa quasi mai, ed è raro avere un’orchestra sinfonica, ma le voci sono da musical».
Come risolve il primo incontro tra Tony e Maria?
«In piscina c’è una festa e loro si ritrovano soli, uno scontro che diventa incontro. In quel momento un po’ magico nella scena del balcone uso il trampolino della piscina, dove per la prima volta sono insieme».
Un po’ come la prua del Titanic tra DiCaprio e Winslet?
«Sì, ci può stare, c’è quel lato romantico. Ma ci sono anche momenti totalmente comici e farseschi, dove si immagina la banda interrogata da giudice, poliziotto, assistente sociale. Puro cabaret».
Bernstein amava Gustav Mahler e i Beatles.
«In un video spiega l’importanza delle melodie miracolose dei Beatles. In USA c’è la parola entertainment, il divertimento è una cosa seria e un grande valore, da noi invece lo sminuiamo».
Però lui disse che è un’opera e non un musical.
«Perché si era emancipato dal musical, stava diventando uno dei più grandi direttori d’orchestra, nella sua incisione di West Side Story con cantanti d’opera, da José Carreras a Kiri Te Kanawa, voleva nobilitare la sua musica».
E il film Maestro con Bradley Cooper?
«Lui bravo come Bernstein, ma il film era troppo sul tema dell’omosessualità. Più intrigante lì è la moglie, l’accettazione dei gusti sessuali del marito, la malattia…».
Lei a Caracalla ha carta bianca su tutto il cartellone.
«Sul tema Tra sacro e umano come direttore artistico ho avuto due palchi distinti, e così (oltre a un super balletto) da due opere ne facciamo quattro, tra Caracalla e la Basilica di Massenzio che è un luogo storico e simbolico nel cuore di Roma. L’importante è tutta la gente che in questo modo l’Opera fa lavorare, perché i teatri si vedono ancora troppo come succhia soldi e non come volani economici».
Il suo debutto al cinema?
«
Primavera uscirà a dicembre. Protagonista non è Vivaldi, che per 40 anni insegnò in un orfanotrofio. Ma la giovane orfana (Tecla Insolia, al provino mi ha colpito per la sua freschezza) in cerca della sua identità, con la sua ferita aperta riguardo alla figura della madre,si chiede il senso della sua vita, e cerca di trovarlo con la musica».
28 giugno 2025
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