
«Per fare un paragone: i missili iraniani sono un virus, le nostre difese aeree l’antivirus. In questo momento, noi israeliani siamo un passo avanti». Hilla Haddad conosce bene gli «scudi» che proteggono i cieli dello Stato ebraico: ingegnera aerospaziale, ha lavorato a lungo al ministro della Difesa. Guidava i test del sistema Iron Dome, che nella «guerra dei 12 giorni» ha contribuito ad arginare gli attacchi del regime di Teheran.
Nel corso del conflitto, il territorio israeliano è stato colpito da una trentina di missili iraniani, su circa 550 lanciati. Le difese aeree sono state all’altezza?
«Decisamente: la percentuale di attacchi intercettati è anche superiore a quanto ci si aspetta quando questi sistemi vengono sviluppati. Certo, l’impressione può essere diversa, visto che i danni causati dai loro vettori balistici sono decisamente maggiori di quelli dei razzi di Hamas o Hezbollah. Se però si guardano i numeri, l’efficacia dei nostri sistemi è confermata».
Nell’arsenale di Teheran ci sono missili che potrebbero metterli in difficoltà? Il Kheibar, ad esempio.
«La dinamica è sempre la stessa: il nemico costruisce un’arma, noi cerchiamo di costruirne di più avanzate. Da quanto abbiamo visto in questa guerra, siamo in una posizione migliore di loro. Anche se, ovviamente, non significa che le nostre difese siano impenetrabili: l’Iran potrebbe avere qualche sorpresa. Noi però cerchiamo di anticiparli».
Nell’arsenale di Teheran ci sono missili che potrebbero metterli in difficoltà? Il Kheibar, ad esempio.
«La dinamica è sempre la stessa: il nemico costruisce un’arma, noi cerchiamo di costruirne di più avanzate. Da quanto abbiamo visto in questa guerra, siamo in una posizione migliore di loro. Anche se, ovviamente, non significa che le nostre difese siano impenetrabili: l’Iran potrebbe avere qualche sorpresa. Noi però cerchiamo di anticiparli».
Quanto sono profondi, questi arsenali? C’era il rischio che le scorte dei sistemi Arrow e Iron Dome si esaurissero?
«Non credo avremmo avuto questo problema. L’Iran dispone di centinaia di missili balistici, ma niente di paragonabile alle migliaia di razzi dei suoi proxy. E in più sono armi che costano molto. Se non hanno sparato 200 missili ogni giorno, non è perché non hanno voluto. Non hanno potuto».
Che ruolo ha avuto l’intelligence?
«Il nostro obiettivo è fermare i missili prima che vengano lanciati. E l’intelligence fa un ottimo lavoro: abbiamo distrutto lanciatori, fabbriche, depositi. Teheran impiegherà molto tempo a ricostruire il suo arsenale».
Gli attacchi israeliani hanno colpito solo nella parte centro-occidentale dell’Iran. Per quale motivo?
«L’Iran è un Paese molto vasto, la gittata massima dei loro missili è di circa 2.000 chilometri. Dunque i sistemi di lancio che si trovano a est non possono impensierirci».
L’Iran è anche un produttore di droni: molto efficaci nella guerra in Ucraina, per nulla contro Israele.
«Anche in questo caso, c’entra la distanza: i droni sono molto lenti, il che rende più facile intercettarli. E poi Israele, a differenza dell’Ucraina, dispone di sistemi di difesa aerea, caccia, elicotteri. Tutti strati di un unico sistema, che funziona come un’orchestra: se uno strumento stecca, gli altri lo coprono»
28 giugno 2025
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