«La matematica non sarà mai il mio mestiere» cantava Antonello Venditti nella sua famosa canzone Notte prima degli esami, divenuta il simbolo delle prove di maturità di generazioni di studenti che in quella canzone vivono notti di pizze fredde e di calzoni, di sogni, di coppe dei campioni, di lacrime e preghiere.
I centri del cervello che aiutano
Ma evidentemente il grande cantautore non aveva potuto ancora leggere l’articolo appena uscito su PLOS Biology che indica come la miglior notte da passare prima degli esami (qualunque esame) sia quella in cui si fa una profonda dormita che attiva i centri del cosiddetto problem solving, cioè della soluzione dei problemi che fanno accendere nel cervello la famosa lampadina con cui i grandi scienziati arrivano alla soluzione di formule impenetrabili e i tremebondi studenti a quella del compito di matematica che tanto deve aver scoraggiato Venditti…
Il test
I ricercatori tedeschi dell’Università di Amburgo e del Max Planck Institute di Berlino diretti da Anika Löwe, che da tempo studiano i meccanismi del problem solving, hanno sottoposto 90 persone al test chiamato PSSST, acronimo di Perceptual Spontaneous Strategy Switch Task, cioè cambio di strategia spontanea percettiva in cui dovevano individuare sullo schermo di un computer alcuni punti luminosi in movimento che a un certo punto si staccavano da una nuvola di 200 puntini.
Quelli da individuare avevano due caratteristiche costanti: la direzione e il colore.
Perdere la bussola
Le loro direzioni prestabilite erano nord-ovest e nord-est, cioè un’inclinazione di 45° verso l’alto a sinistra e a destra dell’osservatore oppure sud-ovest e sud-est cioè 45° verso il basso a sinistra e a destra, come i punti cardinali di una bussola.
Per quanto riguarda invece il colore i puntini da individuare erano arancioni o viola.
La difficoltà del test poteva però essere variata all’insaputa dei partecipanti modulando la direzione del movimento dei puntini che veniva fatta cambiare da poco (5%) a molto (76%).
Il colore però restava invece invariato e in ciò stava la chiave di lettura della prova perché prestando attenzione soprattutto al colore si riusciva a tracciare i giusti puntini con successo, un trucco di cui pochi si accorgevano subito.
Il sonno illumina
Se però i ricercatori concedevano ai partecipanti un pisolino di 20 minuti l’illuminazione arrivava.
Il loro sonno veniva monitorato tramite elettroencefalogramma e i ricercatori si sono accorti che in quelli che avevano avuto un sonno leggero la lampadina della soluzione si è accesa nel 63,6% dei casi e in quelli caduti in un sonno più profondo nell’85,7%.
Quelli che invece non avevano dormito hanno trovato la soluzione solo nel 55,5% dei casi, un risultato che conferma un precedente studio gemello fatto dagli stessi autori in cui chi non dormiva aveva l’illuminazione solo nel 49,6% dei casi.
La notte prima è bene dormire
Quindi, invece di perdersi in pizze fredde e calzoni come dice la canzone di Venditti, la notte prima degli esami gli studenti dovrebbero calarsi in dormite profonde e, se hanno studiato, la soluzione arriverà come un’illuminazione…
Non peraltro, pare che Albert Einstein dormisse 11 ore per notte concedendosi anche qualche pisolino durante la giornata.
27 giugno 2025
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