
DAL NOSTRO INVIATO
BRUXELLES – Forse il peso specifico dei due Paesi fondatori è stato in qualche modo decisivo nel congelare e rimandare il dibattito. Ma è un dato di fatto che ieri Italia e Germania, Giorgia Meloni e Friedrich Merz, abbiano avuto un ruolo decisivo nel contenere i piccoli passi avanti che sono stati fatti lungo la strada che potrebbe portare l’Unione europea ad adottare delle sanzioni formali contro Israele per le azioni militari in Cisgiordania e a Gaza. Con il risultato di arrivare alla sospensione o alla revisione dell’accordo esistente fra Unione europea e lo Stato ebraico, come richiesto lo scorso 20 maggio da 19 Stati membri all’Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza Kaja Kallas. Se Spagna, Irlanda e Belgio sono i Paesi che premono maggiormente per rivedere l’intesa, Italia e Germania sono tra quelli più dubbiosi. Ieri nel corso del Consiglio europeo, a porte chiuse, Giorgia Meloni ha ripetuto i concetti che aveva rimarcato in Italia prima di partecipare al vertice Nato e allo stesso Consiglio Ue.
«Non siamo favorevoli alla sospensione dell’accordo — ha detto la premier — e non siamo i soli a esserlo per la verità. Sarebbe un errore. Chiaramente non si tratta, lo dico ancora, di voler ignorare quello che sta accadendo a Gaza, dove esiste una situazione ingiustificabile. Io penso che contribuire all’isolamento di Israele, che è da sempre l’obiettivo del fondamentalismo islamico a partire da Hamas, potrebbe aprire degli scenari catastrofici». E insieme a questa posizione c’è indubbiamente l’intensa azione diplomatica, «sia dell’Unione europea», ma anche direttamente con il presidente americano Donald Trump «che stiamo conducendo, per esercitare una pressione efficace sulla situazione di Gaza, un cessate il fuoco e la stabilizzazione degli aiuti alimentari. Chiudere oggi i canali con Israele significherebbe condannarci all’irrilevanza».
Fra le altre cose ieri pomeriggio Meloni ha anche sollevato le contraddizioni delle regole attuali sulle spese militari, che penalizzano Paesi come noi che sono sotto procedura di infrazione, chiedendo di rivedere le regole, che attualmente consentono solo ai Paesi cosiddetti virtuosi di sforare il 3% del deficit per le spese militari, senza conseguenze. «Noi rischiamo di restare in procedura di infrazione se usiamo la flessibilità concessa dalla Ue», ha chiosato Meloni.
La Commissione europea ha preso atto di questo problema e approfondirà il tema per vedere se c’è soluzione. Per l’Italia basterebbe un’interpretazione della norma da parte della Commissione, senza necessità di cambiare il testo legislativo. Meloni ha sollevato il problema alla luce dello sforzo per le spese militari che con i nuovi obiettivi Nato si moltiplica.
Ma questo tema ha consentito alla premier di fare anche un passo in più in sede di lavori del Consiglio: «La mia impressione e anche di molti altri colleghi è che, nonostante la recente revisione, il patto di Stabilità non sia più adeguato ad uno scenario geopolitico completamente nuovo, ho quindi chiesto di avviare un riflessione su forme alternative di finanziamento che non gravino sui bilanci nazionali, come la proposta basata sul meccanismo Invest Eu presentata nei mesi scorsi da Giorgetti».
Nuova puntata anche nelle riunioni dei Paesi cosiddetti «like minded» in tema di immigrazione, un gruppo creato e portato avanti, per cambiare le regole migratorie, da Italia e Danimarca. Meloni ha ospitato con i colleghi di Danimarca e Paesi Bassi, Mette Frederiksen e Dick Schoof, una nuova riunione informale tra alcuni degli Stati membri più interessati al tema delle soluzioni innovative da applicare alla gestione del fenomeno migratorio e in particolare al rafforzamento del quadro legale in materia di rimpatri.
Nella riunione la presidente della Commissione europea ha confermato la convocazione di un nuovo vertice contro il traffico di migranti per il 10 dicembre a Bruxelles. Alla riunione, insieme a Italia, Danimarca, Paesi Bassi e Commissione europea, hanno preso parte anche Austria, Belgio, Cipro, Germania, Grecia, Lettonia, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Svezia e Ungheria. È stata anche la prima partecipazione della Germania, con il cancelliere Friedrich Merz.
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26 giugno 2025 ( modifica il 26 giugno 2025 | 23:34)
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