
Inafferrabile, come lei. È la Roma di Lea Massari, la grande attrice che se n’è andata lunedì a 90 anni, protetta dalla discrezione che era stata per lei una scelta di vita, con un funerale privatissimo a Sutri dove è sepolta. È celata tra le pieghe di una filmografia formidabile e anomala con cui la monteverdina Anna Maria Massatani ha giocato a nascondino, fino alla scelta di chiuderla anzitempo, a 57 anni, con Viaggio d’amore di Ottavio Fabbri al fianco di Omar Sharif.
Famiglia borghese
Famiglia borghese (il padre era ingegnere), un’infanzia girovaga tra Spagna, Francia e Svizzera, gli studi di architettura abbandonati quando incontrò il cinema grazie a uno dei più colti costumisti italiani, Piero Gherardi, amico di famiglia. Si era scelta da sola il nome d’arte, accorciando di una sillaba il cognome e rendendolo più raffinato e adottando il nome del fidanzato Leo, morto in un incidente. Lea, che si rivelerà perfetto per la seconda fase della sua carriera, che da un certo punto parla francese. Ma prima, dopo aver lasciato un segno indelebile con l’enigmatica ultra-borghese Anna de L’avventura di Antonioni, già giocando sulla sua abilità a rendersi invisibile, si misura con il più classico dei generi romani, il peplum. Grazie a Sergio Leone, già aiuto regista in kolossal internazionali come Ben-Hur e Quo vadis?, per Il colosso di Rodi, suo primo film accreditato. Massari è Diala, la figlia dell’autore della gigantesca statua fatta costruire da Serse all’imbocco del porto di Rodi, Carete di Lindo.
Bolognini, «La giornata balorda»
Nello stesso anno, il 1960, Mauro Bolognini la sceglie per La giornata balorda, un film che racconta una Roma che sta cambiando, con i cantieri dei sottopassi del Muro Torto e i palazzoni di via Tiburtina dove passa il monnezzaro, e dove c’è già chi si lamenta: «Roma era Roma venti anni fa, mica adesso. C’è rimasto solo il nome». Il protagonista è un ragazzo di borgata, Davide Saraceno (Jean Sorel, doppiato da Massimo Turci), disoccupato con figlioletto a carico in cerca di lavoro, in peregrinazioni che lo portano fino a Fregene, allo stabilimento Tony. Lì, su una sedia a sdraio, nascosta (ancora una volta) da un cappello di paglia incontra Freja (Massari), l’amante brasiliana di un industriale, vagamente snob. «Povero lavoratore… — lo apostrofa lei —, Scherzo. Siedi. Siamo gente democratica. Sei sportivo? Voi romani non valete molto come sportivi». «Dipende da che sport: nel salto della fame siamo imbattibili» replica lui. Finiranno insieme in pineta e il film — sceneggiato da Alberto Moravia e Pier Paolo Pasolini, da un soggetto di Moravia tratto da quattro suoi racconti usciti sul Corriere (La raccomandazione, Il naso, Lo scimpanzé e Addio alla borgata, poi
pubblicati nelle raccolte Racconti romani e Nuovi racconti romani) — dovrà passare le maglie della censura prima di essere vietato ai minori di 16 anni.
Bolognini, Moravia e Pasolini denunciati
Denunciati, Bolognini, Moravia e Pasolini per «divulgazione di spettacolo immorale», perché il film «pur non riproducendo gli atti propri della congiunzione carnale, ne descrivono concretamente i preliminari e gli atteggiamenti successivi così da offendere in modo rilevante il comune senso del pudore». Tra le scene «opportunamente ridotte», quella, castissima in verità, con «Davide e Freja, distesi per terra nel bosco, allorché il giovanotto inizia a slacciare la camicetta alla donna, per rimanere poi, dopo l’amplesso, sdraiati accanto». Lea Massari rischiò ben peggio, dieci anni dopo in Francia, nel magnifico Soffio al cuore di Louis Malle. Un’incredibile denuncia per corruzione di minorenne, per fortuna finita in nulla.
Al fianco di Sordi in «Una vita difficile», Rosetta in «Rugantino»
Nel 1961 dopo l’attrice conquista il pubblico con uno dei suoi personaggi più intensi, Elena Pavinato, al fianco di Alberto Sordi – Silvio Magnozzi,in Una vita difficile, capolavoro di Dino Risi. Ritratto ferocemente affettuoso di un’illusione tradita, sullo sfondo della caduta del fascismo, il referendum monarchia/repubblica (memorabile la scena a casa del marchese Capperoni), l’attentato a Togliatti, il boom economico. E nel 1962 è lei la Rosetta «bona de core e bona de tutto» del Rugantino di Garinei e Giovannini, la commedia musicale che meglio incarna una certa idea di romanità, accanto a due autorità in materia come Nino Manfredi e Aldo Fabrizi. Un successo clamoroso.
Bellezza senza tempo difficile da incasellare
Fuori da ogni schema, Lea Massari, in anticipo sui tempi anche fisicamente, con una bellezza senza tempo troppo difficile da incasellare. Lontana anni luce dalla romanità dolorosa capace di incarnare la veracità popolana (anche senza esserlo) di Anna Magnani, da quella ironica e multiforme di Monica Vitti, o, ancora dal distacco aristocratico che una figlia di San Giovanni come Silvana Mangano, conquistò grazie a Visconti.
L’intervista con Oriana Fallaci. Un’outsider assoluta
Era fatta a modo suo. Provò a spiegarlo lei stessa a Oriana Fallaci che andò a intervistarla a Belgrado sul set de Le soldatesse di Valerio Zurlini. «Eccola qui, spettinata, priva di trucco, vestita come un disertore, maglione sporco perché di notte fa freddo e ci dorme», la descrive la giornalista. La sua intervistata gioca di sottrazione. «Anna Maria, macché Lea. In quest’ambiente come fai sbagli. Sei triste? Sei troppo triste. Sei allegra? Sei troppo allegra. Parli ? Sei chiacchierona? Stai zitta? Sei musona». Outsider assoluta, in un mondo in cui sembra non essere stata troppo a suo agio. Né con i registi («Me l’ha insegnato Antonioni cosa vuol dire incomunicabilità: la sua intelligenza, il suo humour non ti scaldano neanche la superficie della pelle»), né con i colleghi. Gli attori? «Sempre a guardarsi allo specchio per vedere se ingrassano, sempre a piangere se non lavorano, sempre a fare i capricci come ballerine». Le attrici? «Porelle. È brutto essere adoprate, ancor più brutto lasciarsi adoprare. È brutto essere considerate arriviste o cretine anche se non lo si è». Non lo era per nulla Anna Maria detta Lea.
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26 giugno 2025 ( modifica il 26 giugno 2025 | 08:38)
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