
Il demansionamento di Marina Chiarelli è un regolamento di conti tutto interno a Fratelli d’Italia, coerente con la concezione padronale del potere. I capibastone del partito, tramite il notaio Cirio che in teoria sarebbe quello che le deleghe le dà e le ritira, tolgono a Sorella Chiarelli il Turismo e lo Sport e le lasciano (per ora) la Cultura, assessorato che lei era pronta ad abbandonare senza reciproci rimpianti a condizione di tenersi Turismo e Sport, o almeno il Turismo. Una stangata che brucia, anche se adesso lei, fantozzianamente, abbozza e ringrazia e «con grande entusiasmo» promette di «concentrare tutte le energie sulla Cultura». Che però era pronta a mollare. Immagino il grande entusiasmo.
La decisione dei capoccia è forse giustificata dall’inefficienza dell’Assessora Dimezzata? Boh. A parte che di assessori inefficienti se ne son visti tanti senza che nessuno facesse un plissé, di solito un assessore è efficiente o inefficiente a 360 gradi. E poiché nel bilancio assessorile di Chiarelli non si vede una gran differenza di rendimento tra Turismo, Sport e Cultura (vabbé, forse un po’ meno nella Cultura…) mi pare proprio che la degradazione sul campo non sia dettata dai principii della buona amministrazione (funzioni su questa delega quindi te la lascio, non funzioni su quest’altra quindi te la tolgo, e se non funzioni su tutte te le tolgo tutte), ma dal calcolo politicante: la punisco perché mi rompe le scatole, le lascio una delega sennò questa mi torna in consiglio regionale e pianta casino, però le lascio la delega che non conta una ceppa e che più la affligge, così impara a stare al suo posto. E ecchissenefrega della Cultura.
Ciò conferma, semmai fosse rimasto il minimo dubbio, il sovrano disprezzo della politica per la Cultura che non porta voti, una palla al piede da mollare al meschinello di turno. Oppure a Marrone, che ben saprebbe che cosa farne e proprio per questo Cirio non gliela affida, perché l’ultima cosa che vorrebbe è ritrovarsi in casa un Minculpop de noantri.
Certo non è consolante, per chi con la Cultura ci lavora e ci vive, avere come precario riferimento istituzionale un assessore recalcitrante: avete presente il dramma del figlio non voluto? Ecco, appunto.
Tuttavia la faccenda si potrebbe anche leggere in positivo. In un anno di assessorato alla Cultura Marina Chiarelli ha fatto il minimo sindacale, ma perlomeno non ha combinato disastri epocali, e in questi casi vale sempre la triste morale della favola delle rane: meglio un re travicello che un serpente divoratore. È però logico aspettarsi che — con una Chiarelli ancor più debole, disamorata e irrilevante — si consolidi e si affermi definitivamente l’egemonia sulla Cultura dell’iperattivo Maurizio Marrone: è ineluttabile che un vuoto di potere venga subito occupato da un altro potere. Con buona pace della Cultura, di Cirio, e delle rane.
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26 giugno 2025
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