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Nato, Bremmer: «Sul budget vittoria Usa. Ora sta all’Europa creare il suo modello di difesa»

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«Dei tre protagonisti — Israele, Iran e Stati Uniti — Teheran era il più restio a rischiare tutto. Non per voglia di pace ma perché, per usare il linguaggio di Trump, non aveva le carte. Visto il successo dell’offensiva di Netanyahu, compreso che gli ayatollah stavano disperatamente cercando di evitare una guerra aperta con gli Usa, il presidente ha attaccato e ha incassato una vittoria importante. Che non cancella altri insuccessi, dall’Ucraina alla Cina, ma che ora lui può spendere bene in Europa e, soprattutto, in America».
Nei giorni scorsi il politologo Ian Bremmer, fondatore e capo di Eurasia, aveva giudicato il bombardamento dei B-2 un grave errore: inutile perché Israele aveva già messo alle corde gli ayatollah, e con gravi rischi di escalation. Ma oggi riconosce che quell’azzardo ha dato i suoi frutti. Trump continua a comportarsi da egocentrico, ma ora si sente più autorevole, più rispettato.

Il Nobel per la Pace è più vicino?
«No: lo vuole per pareggiare il conto con Obama, ma non mi pare alla sua portata. Più facile che vinca quello per la letteratura, vista la sua abilità nello sviluppare una comunicazione digitale, continua, asfissiante, penetrante, che fa sempre notizia, si tratti di affermazioni sorprendenti o di insulti».

Trump si è presentato al vertice Nato da vincitore. Ha trattato Iran e Israele da bimbi litigiosi e il segretario generale dell’Alleanza, Rutte, lo ha assecondato paragonandolo a un papà che usa un linguaggio forte per riportare la pace in casa: segno di un’Europa che si allinea?
«Ho trovato la battuta di Rutte imbarazzante, sbagliata. Un tentativo di compiacere il presidente americano. Ma lui, che pure vuole essere adulato, disprezza gli adulatori. Detto questo, l’esito del conflitto in Iran certamente piace alla Nato: gli europei sono furiosi per quanto Israele ha fatto a Gaza, ma sulla partita del nucleare iraniano non c’erano dissensi con Washington. L’Alleanza è sballottata, ma tiene. Trump è soddisfatto: ha ottenuto il consenso sulle spese militari al 5 per cento. Sta agli europei, ora, creare un credibile modello di difesa del Continente».

Putin ha giocato un ruolo non sostenendo militarmente l’Iran e spingendo il regime a non reagire con durezza all’attacco? Il presidente russo ora potrà alzare la posta sul tavolo ucraino?
«La guerra in Iran non avrà ripercussioni sul fronte ucraino. Lì Putin rimane all’offensiva, martella coi suoi missili, ma non ha avuto grande peso sull’Iran, né esce da questo conflitto rafforzato: il Cremlino ha bisogno di costruire rapporti solidi con l’Arabia Saudita e anche con Israele. Quindi, sempre alleato di Teheran, ma con un sostegno limitato: l’Iran ha capito di essere isolato. Trump non ha grande simpatia per Zelensky, ma le cose sono cambiate con la sua apertura a un compromesso realistico e con l’accordo sulle risorse minerarie: non abbandonerà Kiev al suo destino. Gli Stati Uniti continuano a fornire il supporto di intelligence all’esercito ucraino. E continueranno a fornire agli europei armi destinate all’Ucraina. Non escludo nemmeno altri aiuti diretti degli Usa a Kiev».

Trump userà la spinta del successo in Iran anche per far passare il controverso bilancio che non piace nemmeno a molti repubblicani?
«Certo, adesso ha in mano ancora di più tutto il fronte conservatore: ha dato soddisfazione alla vecchia destra interventista, mentre i Maga isolazionisti, che avevano criticato il coinvolgimento militare Usa, ora tirano un sospiro di sollievo. E, di fronte, ha un partito democratico senza leader».

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25 giugno 2025

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