Un bisturi a ultrasuoni gli ha inciso le squame. Un piccolo «taglio», che ha consentito ai veterinari di rimuovere una sospetta massa tumorale – sarà l’esame istologico a dare la conferma sull’effettiva natura -, che aveva sul dorso. Steso su un particolare tavolo operatorio Zuko: un pesce combattente di due anni e soli quattro centimetri di lunghezza.
L’operazione, eseguita dal team del Policlinico Gregorio VII Gruppo Ca’Zampa di Roma, ha consentito al pesce di tornare a nuotare liberamente, rimuovendo così l’origine di ciò che gli provocava evidentemente dolore. Una guarigione, che non sarebbe stata possibile senza la professionalità dei medici, ma anche la tempestività della padrona, che non appena ha avvertito in Zuko i primi segnali di malessere, ha cercato di aiutarlo, sottoponendolo a tutte le cure necessarie indicate ed eseguite da Noemi Morara, veterinario di animali esotici, e a Gian Mauro Ferrara, veterinario chirurgo.
Dottoressa Noemi Morara, qual è stato il vostro primo approccio con Zuko?
«Quando la padrona ce lo ha portato in visita, subito abbiamo notato che ci fosse qualcosa che non andasse. Il pesce combattente aveva una gonfiore sospetto sul corpo e le pinne rovinate. Era anche molto magro e privo di vitalità. Abbiamo così optato per eseguirgli una radiografia, che poi ci ha confermato che fosse necessario un’intervento chirurgico. Ovviamente in acqua».
Come avviene un’operazione chirurgica quando il paziente è un pesce?
«Essenziale, prima di tutto, è l’idratazione e l’ossigenazione. Per mantenerle ci sono due opzioni, da scegliere a seconda dei casi e della razza. La prima prevede l’intubazione dell’animale, attraverso un tubicino che eroga acqua a sufficienza. La seconda utilizza un particolare lettino chirurgico, che posiziona il paziente a fior d’acqua, controllandone continuamente i parametri e cercando di mantenere al meglio la sterilità».
E nel caso di Zuko, quale opzione è stata utilizzata?
«La seconda. Ma in questi casi la difficoltà maggiore non è in fase operatoria, bensì preoperatoria».

Per l’anestesia?
«Esatto. Viene inserita una dose adeguatamente calibrata direttamente in acqua, questo rende complicato comprendere quanto l’animale l’abbia “assorbita” e quando sia sufficientemente sedato».
Mentre la convalescenza?
«Spesso è delicato, come lo è stato per Zuko. Ma ora sta bene, gli ultimi aggiornamenti dati dalla padrona sono rassicuranti: è tornato a nuotare liberamente, con piena vitalità».
Siamo abituati a proprietari che fanno di tutto per curare e salvare i propri animali da compagnia, soprattutto cani e gatti. Mento frequente è chi porta dal veterinario pesci.
«Sì, è vero. Statisticamente in visita si vedono soprattutto i “classici” animali da casa. Ma è tutta una questione di disinformazione a mio avviso».
Cioè?
«In pochi immaginano che a un pesce può essere eseguita una radiografia e che sia possibile operarlo in caso di necessità. Insomma, che possa essere curato in molti casi al pari di cani e gatti, ma anche umani».
E i costi necessari per queste prestazioni sanitarie?
«Spesso sono al di sotto di quelli necessari per animali a quattro zampe. La prossima settimana ho in calendario due visite a due pesci rossi. Specie, che nei negozi e sulle bancarelle delle feste di paese si trovano a bassissimo costo. Questo è l’esempio che il valore di un animale non è dato da quello commerciale, bensì da quello affettivo. Per fortuna».
Legami affettivi inestimabili, come tutti quelli raccontati nella serie Pet Anatom: il docu-reality visibile su RaiPlay e ambientato al Policlinico Veterinario Gregorio VII Gruppo Ca’ Zampa, dove viene mostrato il mondo che ruota attorno alla cura degli animali, come il caso di Zuko.
«Abbiamo raccontato alcune storie, mostrando nostri pazienti e le loro famiglie che, ogni giorno, condividono con noi veterinari emozioni, speranze e soprattutto un amore profondo per gli animali».
21 giugno 2025 ( modifica il 21 giugno 2025 | 09:34)
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