
A quarantaquattro anni di distanza, La tv nel pozzo di Andrea Porporati racconta ancora una volta la tragedia di Vermicino. Lo fa attraverso molte interviste, cercando rimarcare il ruolo che la tv ebbe in quell’occasione (Rai3).
La drammatica vicenda di Alfredino inizia a consumarsi in tv la sera dell’11 giugno 1981, quando il Tg3, durante le sue rubriche, apre una finestra sul caso per una durata di pochi minuti.
Il giorno dopo la vicenda viene seguita in un’agghiacciante diretta di diciotto ore (interrotta solo dai telegiornali) sul primo e sul secondo canale della Rai, a reti unificate. L’angoscioso racconto televisivo segue l’evolversi della tragedia, descrive l’intervento dei Vigili del fuoco, speleologi, volontari, mostra la disperazione della madre, raffigura l’arrivo delle autorità e del Presidente della Repubblica, Sandro Pertini (che rimarrà sul posto per troppe ore), fino a registrare il fallimento di ogni tentativo e lo spegnersi della voce e del respiro del bambino, dopo sessanta ore di buio.
Il commento più interessante è il dialogo finale fra Andrea Melodia e Piero Badaloni che si rammaricano di come l’evento sia sfuggito a ogni controllo: i due si chiedono se sia stato giusto puntare la telecamera su un bambino che stava sprofondando in un buco nero dove, di lì a poco, sarebbero sprofondate, con la pietà e la vergogna per il ragazzino, tutte le nostre concezioni sulla tv, sul rapporto fra informazione e spettacolo, sui conflitti fra vita e morte.
Qualche risposta interessante viene anche da Giuseppe Genna che racconta come visse quell’esperienza crudele, al limite della morbosità, nel momento in cui la tv, perso ogni controllo, volle rendere memorabile il suo agire e ne ottenne solo un circo mediale.
Rivivendo quei momenti si comprende meglio quanto sia stata inopportuna la presenza di molte autorità e di molti esperti improvvisati: s’accamparono per ore e ore sull’orlo del pozzo, con codazzo al seguito intralciando forse l’intervento dei soccorsi e impedendo di fatto di staccare la spina, costringendoci, da allora, a convivere con una ferita sempre aperta.
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15 giugno 2025
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