
I cardinali elettori e con loro i più anziani esclusi dal Conclave stanno cercando di individuare chi potrà fare il vescovo di Roma ed esercitare il ministero di Pietro, che è di unità. Devono cercare la persona che le Chiese particolari «nelle quali e dalle quali» (dice il Vaticano II) è fatta la Chiesa universale ascoltino il Vangelo che parla dalle pieghe della Storia. Lo fanno col lume della fede e in un frastuono informativo che però alla fine denuda le intenzioni e le furbizie, le attenzioni e le insincerità che adesso prendono forma — sotto lo sguardo occhiuto degli ultraottantenni e quello ancor più occhiuto degli ultranovantenni; e che poi saranno vagliate e inverate nel momento in cui da soli, in silenzio, inizieranno gli scrutini nei quali ciascuno di loro non andrà con un nome ma più nomi e fra i quali quelli «dispari» conteranno più degli altri. Lo scrutinio numero 1, infatti, è quello nel quale chi ha una priorità, sceglie il nome che meglio la esprime. In questo scrutinio l’ampiezza del consenso non è decisiva (nel 2013 Bergoglio iniziò con 12 voti). Conta di più verificare se chi credeva di avere molti voti, li abbia davvero. Perché chi non sa distinguere fra cardinali sinceri e cardinali insinceri perde rapidamente tutta la sua forza (capitò così, allora, al cardinale Scola). La mattina dopo, nello scrutinio numero 3 avviene un passaggio spesso decisivo. Una parte di coloro che la sera prima hanno scelto chi aveva la stessa loro priorità voteranno il secondo nome che avevano in mente: ed è lì che si vede se una minoranza rapida ad aggregarsi è in grado di trovare un terzo dei voti, cioè quel blocco che impedisce anche al candidato più forte di andare avanti da solo. Nel 2005 fu Bergoglio che raggiunse quella soglia: Ratzinger reagì mettendosi a ora di pranzo quel dolcevita nero con cui esprimeva la sua rinuncia alla corsa. E fu il cardinale Martini che reagì facendo il giro dei tavoli e tagliando le gambe a Bergoglio che, secondo lui, avrebbe perso in un successivo duello che temeva avrebbe visto il porporato argentino in concorrenza con il cardinale Ruini ancora oggi molto impegnato a dare il suo contributo a un Conclave in cui non vota. L’altro scrutinio decisivo sarà il numero 5, alla seconda sera di Conclave. Lì il collegio potrebbe arrendersi alla persona che abbia un consenso abbastanza vicino ai due terzi e fare il Papa. Arrendersi per convinzione o per il timore che si dica che la Chiesa «è divisa» (certo che è divisa: è per questo che si elegge il Papa). Oppure resistere, nel qual caso si ricomincia da zero l’indomani, quando, avendo scartato i nomi più vociferati, si continua a cercare: come fu per Wojtyla, ad esempio, dopo che un duello fra gli italiani li mise tutti fuori gioco e iniziò la dinastia dei Papi non italiani che sapremo fra nove giorni se continuerà.
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29 aprile 2025
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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