
Nel peggior guado del Novecento, i fascisti inseguivano «la bella morte» e l’obbedienza a quel culto fu l’estremo ordine impartito alle bande repubblichine. Ne nacque un’epica perversa che suggestionò tanti giovani, perché il regime aveva reso la guerra «una condizione normale». Ossia, «non la guerra per la vita, ma la vita per la guerra». E la differenza tra loro e i partigiani, anzi, i patrioti, era che la Resistenza voleva la pace, gli altri la morte. Ecco il punto che più si proietta al presente, nel discorso di Mattarella sul 25 Aprile.
Per lui, infatti, ciò che accade dall’Ucraina al Medio Oriente ha diverse risonanze con il clima nichilista degli anni Quaranta. Tanto da materializzare quasi il senso dell’eclissi su una civiltà. Un quasi che sottintende la speranza che torni a farsi strada, come 80 anni fa, una solidarietà mondiale in grado di superare l’eredità del passato. Ed è curioso, a questo proposito, che il capo dello Stato ricordi il partigiano Fëdor Poletaev, un russo combattente per la libertà in Italia e onorato di medaglia d’oro. Il che dimostra come da noi non si sottovaluti affatto il contributo di Mosca nella Seconda guerra mondiale. Sembra questa l’unica polemica che il capo dello Stato obliquamente si concede, in una riflessione in cui comunque sgombra — ma senza alzare i toni — certi stereotipi usati dai negazionisti per delegittimare la Resistenza.
Così, a proposito della pretesa egemonia comunista fra i partigiani, ripete che ci furono anche azionisti, socialisti, democristiani, liberali e mazziniani repubblicani e che, tutti insieme, trovarono nel socialista Sandro Pertini l’equilibratore dei dissensi. Aiutati, aggiunge, da un intero popolo. Altro che libertà regalata.
Poi, altro stereotipo che smonta, il fatto che fossero predoni disumani e violenti, mentre invece le loro brigate davano «lezione di moralità» uniformandosi a un preciso codice di comportamento, prova ne sia che per un loro comandante, «Bisagno», c’è un processo di beatificazione avviato dalla curia di Genova. E ancora, cita la crescita politica di quei patrioti, e il senso di responsabilità dimostrato nelle zone liberate e nelle fabbriche, trasformate in scuole di democrazia. Rammentando infine, e qui è esplicito, che a elaborare l’idea di Europa furono anche gli antifascisti visionari sepolti a Ventotene, come Altiero Spinelli, rampognato di recente dalla premier in Parlamento. Una lezione di pedagogia civile che Mattarella chiude con il richiamo di papa Francesco «a non accontentarci di quanto abbiamo ottenuto nel passato» e che lui traduce con il classico e attualissimo appello: ora e sempre Resistenza.
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25 aprile 2025
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