
C’è un’altra serranda che si abbassa sotto le Due Torri. Questa volta si tratta della Coin di via Rizzoli, che cesserà l’attività il prossimo 31 luglio. Bologna, dove sono occupati una quarantina di dipendenti, dovrebbe però rimanere strategica per la grande catena di vendite al dettaglio, che lo scorso giugno aveva dichiarato un ammanco di quasi 200 milioni di euro verso istituti di credito e fornitori e avviato una procedura di composizione negoziata per evitare il fallimento.
La società proprietaria è, infatti, già alla ricerca di un altro immobile in cui trasferirsi e ripartire il prima possibile.
Chiude Coin: i punti vendita e i lavoratori coinvolti
L’annuncio è arrivato al ministero delle Imprese e del made in Italy, dove il gruppo Coin ha presentato un piano di risanamento per superare la crisi di liquidità dello storico magazzino fondato nel 1916 da Vittorio Coin e rilanciarlo sul mercato. Un piano che nei prossimi giorni verrà depositato al Tribunale di Venezia, dove la società ha la sua sede principale. Complessivamente, Coin conta 34 negozi diretti e 130 store in Italia e all’estero.
«A Bologna gli occupati del grande negozio su due piani in centro storico sono una quarantina — sottolinea la segretaria generale della Filcams di Bologna, Anna Maria Russo —. Per loro sarà aperta una procedura di cassa integrazione, ma avremo più informazioni nel corso di un incontro con la direzione aziendale locale». Nel frattempo, grazie all’ingresso nel capitale societario di Invitalia, l’agenzia per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa di proprietà del ministero dell’Economia, dovrebbe essere garantita la salvaguardia dei quasi 1.400 dipendenti che il gruppo occupa su tutto il territorio nazionale.
I 40 dipendenti a Bologna che saranno «ricollocati»
«La proprietà non ha mai parlato di esuberi, ma di ricollocazioni o trasferimenti e ci ha assicurato la tenuta occupazionale — aggiunge la sindacalista —. È, però, necessario fare ulteriori approfondimenti visto che i tempi fra la chiusura del punto vendita e il trasferimento in una nuova sede, ancora da individuare, non sono coincidenti. E vista anche la presenza di una decina di lavoratori indiretti, impiegati nei corner degli altri marchi ospitati dal negozio». Come Mango o Timberland, per esempio. «Va chiarito quale sarà il loro destino», precisa Russo.
Dal ministero, intanto, arrivano dettagli che fanno ben sperare: Invitalia, tramite il Fondo Salvaguardia Imprese, ha deliberato un intervento da 10 milioni di euro, pari al 30,1% del capitale. Un’iniezione di liquidità che si aggiunge ai 21,2 milioni di euro provenienti dai nuovi investitori, Sagitta Sgr e Mia Srl, e, in via residuale, dagli attuali azionisti di Coin. Durante il confronto, il commissario incaricato ha inoltre comunicato che sono già stati conclusi 330 accordi con i creditori, a testimonianza del clima di fiducia che accompagna il rilancio della catena.
«Sosteniamo con convinzione il rilancio di questo storico gruppo commerciale — garantisce il ministro Adolfo Urso — e continueremo a monitorare con attenzione affinché il percorso di risanamento si concluda con la piena tutela dei 1.390 lavoratori coinvolti». Mentre saranno convocati singoli tavoli nei territori in cui sono presenti i punti vendita, quello nazionale al Mimit si riunirà nella seconda parte dell’anno per monitorare lo stato di avanzamento del piano di risanamento
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23 aprile 2025
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