NEW YORK – Con un gesto senza precedenti, oltre 150 università e college — da Princeton a Yale, da Brown a Cornell — hanno firmato una lettera congiunta per denunciare «l’ingerenza politica» dell’amministrazione Trump e difendere l’indipendenza dell’istruzione superiore degli Stati Uniti. Un’ondata di solidarietà che arriva all’indomani della decisione di Harvard di citare in giudizio la Casa Bianca, dopo il congelamento di 2,2 miliardi di dollari in fondi federali e una serie di richieste che, secondo l’ateneo, mirano a piegare l’autonomia accademica a fini ideologici.
È chiaro che la posta in gioco va ben oltre i confini del prestigioso ateneo del Massachusetts. Così Harvard, con i suoi 388 anni di storia, è diventata un simbolo per l’intero sistema universitario americano: l’attacco alla sua autonomia rappresenta una sfida più ampia, che riguarda la libertà accademica di tutte le istituzioni americane. «Parliamo con una sola voce contro l’interferenza governativa senza precedenti che sta minacciando l’istruzione superiore americana», si legge nel documento, firmato da 170 presidenti e leader accademici.
Le istituzioni non si oppongono alla supervisione legittima, ma rifiutano l’uso politico dei finanziamenti pubblici per esercitare controllo ideologico: «Siamo aperti a riforme costruttive, ma dobbiamo respingere pressioni indebite su ciò che insegniamo, su chi assumiamo e su come formiamo i nostri studenti», si legge nella lettera. Tra i firmatari non figura la Columbia University di New York, che ha accettato alcune delle richieste avanzate dalla Casa Bianca, per evitare il congelamento di circa 400 milioni in finanziamenti federali.
Lo scontro è esploso il 14 aprile, quando Harvard ha rifiutato le richieste dell’amministrazione Trump, che pretendeva di intervenire sulla selezione dei docenti, sul contenuto dei corsi e sulla gestione disciplinare dell’università, dopo l’istituzione di una task force sull’antisemitismo. Un’email partita per errore, ma non ritirata dalla Casa Bianca, che ha risposto con il congelamento dei fondi federali e ha minacciato di revocare lo status di esenzione fiscale dell’ateneo e i visti agli studenti stranieri.
Lunedì Harvard ha depositato una causa presso il tribunale distrettuale del Massachusetts, sostenendo che la Casa Bianca abbia «superato i limiti costituzionali» e «abusato del proprio potere per imporre un controllo improprio e ideologico sull’università».
Il presidente Alan Garber ha denunciato un attacco all’autonomia accademica e al Primo emendamento: «Il governo sta cercando di riscrivere le regole per controllare chi possiamo assumere e cosa possiamo insegnare». Aggiungendo che le conseguenze saranno gravi e durature: «Ricerca medica e scientifica fondamentale per milioni di persone è ora a rischio». Tra i progetti colpiti ci sono studi su tumori infantili, Alzheimer, Parkinson, malattie autoimmuni e ferite da guerra.
La Casa Bianca, invece di fare retromarcia, ha reagito con durezza. «I fondi pubblici sono un privilegio e Harvard ha perso questo privilegio non rispettando le condizioni di base», ha dichiarato il portavoce Harrison Fields. «Il treno dell’assistenza federale a istituzioni come Harvard, che arricchiscono i loro strapagati burocrati con le tasse delle famiglie americane in difficoltà, sta per fermarsi». Dietro le pressioni ci sarebbe l’accusa, più volte rilanciata da Trump, che Harvard e altri atenei abbiano tollerato l’antisemitismo durante le proteste pro-Palestina. Ma l’ateneo ha respinto l’accusa, sostenendo di aver avviato azioni concrete per affrontare ogni forma di odio e discriminazione.
22 aprile 2025 ( modifica il 22 aprile 2025 | 23:16)
© RIPRODUZIONE RISERVATA