Se la fortuna è cieca, la spiga, purtroppo per i proprietari di cani, ci vede benissimo. Sta a noi, a maggior ragione, aguzzare la vista quando usciamo con i nostri migliori amici, per preservarli da questo (ma anche dai tanti altri) rischi della bella stagione. Oltre che alle zecche, alle processionarie (), a zanzare e pappataci, alle vipere, alle lucertole, a vespidi – vespe e calabroni – e apidi – api e bombi –, facciamo attenzione ai famigerati forasacchi, insidiose spighe acuminate capaci di attraversare le cavità corporee o di ledere la cute e, facilitate dalla loro particolare conformazione, di farsi strada creando danni anche gravi. Sempre occhio, pertanto, a dove lasciamo camminare e annusare i cani: teniamoci alla larga dalle zone incolte, ma anche da quelle dove l’erba, appena tagliata e non raccolta, è stata lasciata a seccare.
Occhio alle orecchie
Il forasacco è la più tipica (e anche la più pericolosa) tra le spighe delle graminacee, da non confondere con altre piante, come l’orzo selvatico, dalla forma simile. Tutte queste spighe assomigliano a un arpione e, quando entrano accidentalmente nelle cavità corporee o perforano i tessuti, non ne escono facilmente, piuttosto tendono a progredire sempre più in profondità. Occhio, in primis, alle orecchie, soprattutto nei cani con padiglione auricolare eretto (come il Pastore tedesco) o semi-eretto (come il Border Collie), nei quali, rispetto ai soggetti con padiglione pendulo (come il Labrador), l’ingresso del forasacco è più probabile. Se il cane inizia a essere irrequieto, grattarsi le orecchie, scuotere la testa magari strisciandola contro muri e pavimenti e/o a camminare con il capo piegato da un lato – quello interessato –, bisognerà rivolgersi subito al veterinario per l’estrazione del corpo estraneo dal condotto uditivo. Vietato il fai da te: per una rimozione risolutiva servono gli strumenti adeguati e una competente manualità, oltre che sedazione o, addirittura, anestesia, a seconda della localizzazione del forasacco, con successiva prescrizione dei farmaci adatti. Nell’eventualità di un intervento, nell’attesa di arrivare in clinica non date nulla da mangiare al cane.

Localizzazioni e relativa sintomatologia
Il forasacco può entrare anche nel sacco congiuntivale o sotto la terza palpebra (una membrana situata nell’angolo interno dell’occhio, ndr) e, in questo caso, l’occhio verrà tenuto chiuso o semichiuso e/o lacrimerà, mentre si formerà una secrezione purulenta. Pure il naso, al ritorno dalle passeggiate in luoghi a rischio, deve essere tenuto monitorato: in caso di ripetuti, forti starnuti con fastidio e scolo purulento o sanguinolento, oppure di strusciamento a terra del muso, si tenderà a ipotizzare l’ingresso, attraverso una narice, dell’odiosa spiga che, in alternativa ma, per fortuna, più raramente, può trovare un accesso per inalazione anche dalla bocca, specie nelle giornate più calde, in cui il cane, per aiutarsi a termoregolare, procede con le fauci aperte.
In sede di diagnosi differenziale, la sintomatologia unilaterale – in un solo occhio o una sola narice – dovrebbe far propendere per l’evenienza del forasacco. Con accesso buccale, il forasacco, oltre che colpire le gengive o le tasche tonsillari, può raggiungere i bronchi, provocando broncopolmonite e pneumotorace (una patologia che si verifica quando si accumula aria tra il polmone e la parete toracica) con possibile esito infausto. Tra i sintomi più classici, tosse violenta e convulsa, spesso con espettorato sanguinolento.
Anche gli spazi interdigitali sono tra le sedi d’elezione: rivolgetevi al veterinario in caso di fistole, dovute all’infissione nella cute, e tumefazioni, che possono nascondere ascessi, anche molto dolorosi: noterete in questo caso che il cane si lecca assiduamente e, a volte, che zoppica. Possono esserci ulteriori punti d’accesso, come l’inguine e le pieghe dei genitali, sia maschili che femminili, la zona perianale o le ascelle, ognuno con una particolare sintomatologia, per cui il consiglio è sempre quello: ispezionare il cane al ritorno dalle passeggiate nel verde e monitorare eventuali comportamenti sospetti, riferendoli urgentemente al professionista della sua salute.
Prevenzione a tutto campo
Esistono dei presidi che possono rivelarsi utili per prevenire la penetrazione di questo corpo estraneo vegetale nei tessuti o nelle cavità del nostro cane. In primis, i copriorecchie: li conosceranno i proprietari di soggetti di razze come Cocker e Setter, che spesso li usano per evitare che i loro beniamini si sporchino mangiando. Hanno la forma di uno scaldacollo, in tessuto in caso anche impermeabile, con due elastici che bloccano rispettivamente la parte alta e quella bassa; sono realizzati in varie fantasie e misure, in base alla circonferenza della testa e del collo.
Per quanto riguarda l’accesso buccale, si può tentare di evitarlo attraverso l’uso di una museruola antibocconi avvelenati: è costruita in maniera che il cane riesca ad aprire la bocca per ansimare quando necessiti di disperdere calore, in un leggero poliestere a rete con maglie strette, che dovrebbero creare una barriera per le spighe; scegliete, però, un modello senza aperture sui lati, che normalmente servirebbero a elargire premietti. Per salvaguardare le zampe si possono usare invece i booties, quei calzini nati per la corsa sulla neve dei cani da slitta. Sono dei sacchetti di tessuto più o meno tecnico; se il materiale non è traspirante, meglio non adottarli quando è troppo caldo, perché il cane, oltre che la bocca, per dissipare calore usa anche i polpastrelli. Rimangono posizionati in sede grazie a una striscia di velcro che li stringe all’altezza del metacarpo (per le zampe anteriori) e del metatarso (per quelle posteriori).
Brevetti naturali
A proposito di velcro, sapete com’è nata questa applicazione tessile? Di ritorno da una passeggiata, con frutti di cardo alpino attaccati ovunque, un cane ne ha ispirato l’invenzione al suo proprietario, l’ingegnere svizzero George de Mestral. Era il 1941 – sarebbero poi trascorsi dieci anni per il brevetto – e non era la prima volta che un materiale nasceva dall’osservazione della natura e di quanto animali e piante si siano evoluti nel segno dell’efficienza. Ad accomunare baccelli spinosi e forasacchi c’è, infatti, un’anatomia perfetta per diffondere i rispettivi semi. I primi sono fastidiosi ma, con la dovuta delicatezza, possiamo toglierli a mano o usando un pettine per sollevarli dalla cute, prestando sempre attenzione alla reazione del cane che, istintivamente, per il fastidio potrebbe girarsi aprendo la bocca. I secondi, abbiamo visto, sono ben più insidiosi, capaci di causare danni anche gravi, con esiti perfino letali.
In entrambi i casi, la cura del mantello del cane può aiutare, perché spesso è il pelo lungo e poco ordinato a imprigionare gli uni o gli altri, tanto più nei soggetti bassi e nani. Dove si può, accorciamo il pelo in eccesso, come quello tra gli spazi interdigitali e i polpastrelli, o le orecchie, le ascelle e l’inguine, senza però snaturare il mantello del cane con tosature inopportune, a maggior ragione con la stagione estiva in avvicinamento, visto che, ricordiamolo, il pelo protegge oltre che dal freddo anche dal caldo e dalle ustioni. Nebulizzare con dell’acqua le zone più folte può aiutare a inibire l’ancoraggio di baccelli e forasacchi. Alla regolare cura del mantello, deve poi aggiungersi la buona abitudine di un’ispezione con spazzolata di ritorno dalle uscite a rischio.
L’erba del vicino è sempre più incolta
Alla sensibilizzazione nei confronti dei rischi correlati ai forasacchi, noterà qualcuno, non corrisponde necessariamente un adeguato protocollo di sfalcio di tutte le aree verdi pubbliche. La lotta alle famigerate spighe non può, anzi non deve ostacolare le attuali strategie di protezione degli insetti impollinatori che, al fine di potenziare la biodiversità nei contesti urbani, prevedrebbero sfalcio differenziato e diserbo ecologico delle aiuole a prato fiorito. Per il bene delle api e degli altri impollinatori, è utile una riduzione nella frequenza del taglio dell’erba, iniziando a sfalciare solo a giugno, favorendo prima le fioriture, con conseguenti pasti e trasporto di polline. Tale diversificazione della manutenzione del verde solitamente coinvolge precise porzioni di alcuni parchi cittadini, tra quelle meno fruite, tralasciando le aree cani, che dovrebbero invece prevedere sfalci regolari e smaltimento dell’erba tagliata che, quando invece viene lasciata a terra a seccare, si configura comunque come un rischio. D’altro canto, nemmeno lo sfalcio regolare con annessa pulizia è una garanzia di successo, perché spesso le spighe tagliate vanno via «nanizzandosi», iniziando a crescere sempre più basse. Insomma, se il forasacco dovrebbe spaventare solo in campagna, lo si può effettivamente incontrare anche in città e contro di lui poco in ogni caso si può fare: nostra responsabilità sarà quella di accompagnare attivamente il nostro amico durante la passeggiata, tenendolo al guinzaglio o alla lunghina per meglio monitorarne il tragitto, con uno sguardo sempre su di lui. L’uscita insieme, del resto, dovrebbe essere un momento di profonda connessione. Con il cane nel cuore (e il cellulare lasciato in tasca).
22 aprile 2025 ( modifica il 22 aprile 2025 | 07:29)
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