
Trenta ore invece di trenta giorni. Spiazza tutti Vladimir Putin annunciando unilateralmente quella che subito è stata ribattezzata la tregua di Pasqua. Un cessate il fuoco che il leader russo, parlando al suo capo di Stato maggiore Valery Gerasimov, ha indetto dalle 18 di ieri sera (ora locale) fino a stasera a mezzanotte (le 23 italiane). È una scelta dettata da «considerazioni umanitarie», sibila lo zar mentre esorta Kiev a deporre le armi e avverte Gerasimov di tenersi pronto a rispondere al fuoco se gli ucraini non dovessero rispettare il suo volere.
Ma a Kiev nessuno ci crede. «È solo propaganda. Qui le sirene non hanno smesso di suonare. E non è certo la prima volta che Putin gioca al gatto col topo», spiega al Corriere un comandante di brigata dell’esercito ucraino non autorizzato a rilasciare dichiarazioni.
Dalla Bankova il presidente ucraino Volodymyr Zelensky non risponde subito. È in una posizione difficile. Sottolinea come gli assalti russi e i tiri di artiglieria non si siano certo fermati. Non a caso però lo stesso comandante di brigata conferma che la sua unità e altre hanno ricevuto l’ordine di cessare il fuoco contro le postazioni russe pochi minuti dopo le 18 e di registrare foto e video di eventuali violazioni della tregua e di rispondere al fuoco, se necessario. «Se la Russia ora è pronta a impegnarsi in un regime di silenzio totale e incondizionato, l’Ucraina agirà di conseguenza, imitando le azioni russe. Se un cessate il fuoco completo dovesse concretizzarsi, l’Ucraina propone di estenderlo oltre la Pasqua del 20 aprile. Questo rivelerà le vere intenzioni russe, perché 30 ore servono a fare notizia, ma non per reali misure di rafforzamento della fiducia. Trenta giorni potrebbero dare una possibilità alla pace», spiega Zelensky in serata.
Tradotto: Kiev sta a vedere e non si fida. Tanto più che la mossa arriva dopo le minacce del presidente statunitense Donald Trump e del segretario di Stato americano Marco Rubio di lasciare il tavolo delle trattative in assenza di progressi. Difficile che Mosca cambi passo, dopo aver di fatto rifiutato la tregua di un mese proposta a Gedda e aver bombardato civili a Sumy e a Kryvyi Rih utilizzando la tattica del double tap per fare un numero di morti più alto possibile. Ma non solo. Gli ucraini ricordano come il 25 marzo il Cremlino avesse concordato una tregua parziale che includeva un cessate il fuoco marittimo nel Mar Nero e una pausa di 30 giorni negli attacchi alle infrastrutture energetiche che non ha rispettato.
Resta silente la Casa Bianca mentre la portavoce della Commissione europea, Anitta Hipper, chiede a Mosca «azioni chiare per un cessate il fuoco duraturo», sottolineando che «la Russia potrebbe fermare questa guerra in qualsiasi momento, se davvero lo volesse». Tregua o non tregua, tutta in salita rimane la strada della trattativa: il piano presentato da Rubio agli alleati europei a Parigi continua a promettere a Mosca più di quanto Kiev sia disposta a cedere, in testa i cinque territori. Ma anche la finalizzazione della firma del memorandum sullo sfruttamento minerario dell’Ucraina siglato con Washington, oggetto di tensioni tra Trump e Zelensky, è ancora da venire.
L’appuntamento è per settimana prossima a Londra. Se non si arrivasse ad un’intesa e gli Stati Uniti dovessero davvero ritirarsi, l’Ucraina rischia di restare in balia del Cremlino. Un lusso che non si può certo permettere dopo tre anni di guerra. Ma anche per Washington potrebbe diventare complicato lasciare a Putin carta bianca. Tanto più che lo zar sembra avere il banco dalla sua.
19 aprile 2025 ( modifica il 19 aprile 2025 | 23:22)
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