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«Kompromat», affari e debiti elettorali: la trappola di Dmitriev, l’uomo di Putin, per far cedere Trump sull’Ucraina

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Per più di dieci anni Kirill Dmitriev aveva lasciato inerte il suo profilo di Twitter, poi ribattezzato X. Ma la la sua attività sul social media di Elon Musk è diventata frenetica da quando Vladimir Putin ha delegato gran parte dei rapporti con gli Stati Uniti a questo manager nato a Kiev 50 anni fa («Non in Ucraina – dice lui – in Unione sovietica») e formatosi negli anni ’90 a Stanford e Harvard come studente modello. Su X Dmitriev di solito elogia Musk e i suoi piani su Marte oppure rende omaggio alla sua controparte americana nei negoziati: Steve Witkoff, uomo d’affari come lui, immobiliarista newyorkese e uomo di fiducia di Donald Trump per i rapporti con la Russia.

Ma uno dei post degli ultimi giorni di Dmitriev è il più emblematico: rilancia un servizio dell’agenzia Bloomberg, secondo il quale Trump offrirebbe a Putin il riconoscimento americano della Crimea come territorio russo, quale concessione per arrivare alla pace in Ucraina. Bloomberg nelle ultime ore ha riferito anche che l’amministrazione Trump starebbe offrendo a Mosca anche un allentamento delle sanzioni, sempre nel quadro di un accordo di pace. Non era ciò di cui Trump aveva parlato, per la verità. Meno di venti giorni fa il presidente degli Stati Uniti si mostrava infuriato e minacciava una decisa stretta alle sanzioni sul petrolio russo, se Putin non avesse accettato di lavorare seriamente a un cessate il fuoco. Un paio di settimane prima, a metà marzo, la proposta era arrivata esplicitamente dal governo ucraino dopo un incontro con i negoziatori americani in Arabia Saudita: una tregua completa e immediata di un mese.

Da allora la Russia ha posto sempre nuove condizioni contraddittorie e a sorpresa, ha compiuto due gravissime stragi di civili a Kryvyi Rih e a Sumy, ha continuato a bombardare Kharkiv e Kiev e a spingere i suoi soldati nel tritacarne del fronte in Donbass. L’offerta di tregua è di fatto respinta dal Cremlino eppure, al posto delle nuove sanzioni minacciate, Trump ha incolpato l’Ucraina per il conflitto («non fai la guerra a uno venti volte più grosso») e offerto nuove concessioni a Mosca: sempre secondo Bloomberg, una riduzione delle sanzioni stesse e il riconoscimento della Crimea quale regione ufficialmente russa. Neanche questo forse basterà perché il segretario di Stato Marco Rubio e Trump stesso dicono ormai che, senza un accordo nei prossimi giorni, gli Stati Uniti potrebbero abbandonare il negoziato e dunque lasciare che la Russia prosegua l’aggressione. Resta il dubbio che l’intera sequenza delle ultime settimane equivalga, da parte della Casa Bianca, alla scelta di lasciare carta bianca a Putin sull’Ucraina.

Del resto è lo stesso rapporto l’americano Witkoff e il russo Dmitriev a fare un po’ di luce su questa ipotesi. I due non sono diplomatici o figure dell’intelligence, ma in primo luogo uomini d’affari. Dmitriev ha un passato a Goldman Sachs e a McKinsey, è capo del fondo sovrano russo «per gli investimenti diretti» e da febbraio ha la delega di Putin per la «cooperazione economica con i Paesi stranieri». La sua missione sembra avere l’obiettivo di offrire opportunità di affari ai suoi interlocutori americani. Una decina di giorni fa ha tenuto un incontro a Mosca con 150 imprese statunitensi dell’American Chamber of Commerce. Del resto intrattiene rapporti ormai storici con l’entourage di Trump: secondo il Washington Post, nell’aprile del 2017 era alle Seychelles per discutere di affari con Erik Prince, fondatore della milizia privata Blackwater e a quel tempo mediatore privato per Donald Trump (allora appena eletto alla Casa Bianca). A gennaio scorso poi si è messo in contatto con il genero di Trump, il businessman Jared Kushner, senz’altro su mandato di Putin. Del resto i rapporti di Dmitriev con il dittatore sono stretti e personali: sua moglie Natalya Popova è compagna di scuola e intima amica dell’ultima figlia femmina di Putin, Katerina Tikhonova, al punto che Dmitriev e sua moglie stessi hanno rivestito posizioni importanti in Innopraktika, il fondo d’investimento di Tikhanova. Se c’è una figura in grado di oliare i rapporti fra Putin e Trump grazie alle «cooperazione economica», è questo manager formato negli Stati Uniti e ora al servizio del Cremlino per il dossier ucraino.

Poi naturalmente restano gli elementi che i russi abbiano del materiale compromettente («kompromat») con il quale riescono a tenere Trump sotto ricatto. Questi non sono mai stati confermati da prove o indizi seri, ma vale la pena ricordarli in questa fase in cui la Casa Bianca sembra lasciare molto spazio al Cremlino sull’Ucraina.

 Eccone dunque un elenco.
– Nikolaj Patrushev, ex agente del Kgb, ex capo del suo successore Fsb e stretto consigliere e vero braccio destro di Putin da tutta la vita, dice alla Tass l’11 novembre scorso subito dopo la vittoria elettore di Trump: “Per ottenere questo successo nelle elezioni, Trump ha potuto contare su certe forze verso le quali ha obblighi equivalenti. In quanto persona responsabile, dovrà rispettare quegli obblighi”. Pochi giorni dopo nei social media russi iniziano a circolare foto di Melania Trump nuda, “avvertimento standard” nel linguaggio del potere a Mosca.
– Trump ha sempre cercato di fare affari a Mosca, dai tardi anni ’80. Il suo ex avvocato Michael Cohen ha dichiarato che negoziava una Trump per una Trump Tower a Mosca mentre correva come candidato nel 2016.
– Il libro di Catherine Belton “Putin’s Men” (“Gli uomini di Putin”) dedica un lungo e dettagliato capitolo, mai smentito (“The Network and Donald Trump”) a come una rete di mafiosi russi con legami nei servizi segreti abbia salvato Trump dalla bancarotta dopo che un suo maxi-progetto fallito a Atlantic City intorno al 2013 lo aveva lasciato con debiti per un miliardo di dollari.
Questi sono solo alcuni dei punti che lasciano un’ombra di sospetto sul rapporto fra Trump e la Russia. Di certo oggi il tycoon dà l’impressione di non volere o non potere contrastare con efficacia l’aggressione di Putin in Europa. Naturalmente, fino a prova contraria: magari, chissà, nei prossimi giorni o nelle prossime ore.  

19 aprile 2025

19 aprile 2025

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