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Non è una sorpresa, anzi lo specchio dei tempi in cui vecchi siti dell’auto sono stati abbandonati (vedi la Maserati a Grugliasco) e altri rischiano la chiusura. Ma fa comunque male sapere che nello stabilimento Saab di Trollhattan – nella Svezia occidentale – è in corso l’atto finale dopo la fine del brand. Tutti i macchinari e le attrezzature sono passate alla Surplex, il gigante tedesco della rivendita di impianti e beni aziendali provenienti dalla chiusura di fabbriche, cantieri e dai fallimenti. Probabilmente le gigantesche presse, le linee di montaggio e le macchine a controllo numerico verranno disperse in più destinazioni ma i media svedesi, facilmente per orgoglio nazionalistico – hanno sottolineato come sarebbe in teoria possibile ricominciare la produzione dell’iconica 9-3 Saab, ammesso di possederne i diritti industriali.
Investimento immobiliare
Con i capannoni e gli storici edifici completamente svuotati, dovrebbe essere arrivato anche il momento della demolizione dell’impianto di Trollhattan che, peraltro, era stato ceduto dall’ultimo proprietario – la National Electric Vehicle Sweden (NEVS) nel 2023 alla svedese Stenhaga Invest che, inizialmente, aveva dichiarato di voler vendere o affittare la fabbrica ad un altro costruttore di auto. Ma che ora potrebbe trasformare l’area in un lucroso investimento immobiliare. Per la Saab Automobile AB, giusto a 80 anni dalla fondazione, sembra proprio la fine. Si tratta della divisione automobilistica che Svenska Aeroplan AktieBolaget (Aeroplani Svedesi Società per Azioni), un gruppo industriale svedese nato nel 1937 e tuttora attivo in vari settori, decise di creare sfruttando l’esperienza maturata con i velivoli civili e militari.
Il numero 9 per tutti i modelli
Una visione rivoluzionaria per l’epoca. Si concretizzò subito nel prototipo della futura 92 del 1947 – noto come UrSaab (la “Saab originale”, in lingua svedese) – che aveva come elemento prioritario un accurato studio della carrozzeria: la scocca portante, aerodinamica e dalla forma “a goccia”, con ruote interamente carenate e un montante C caratteristico, passeranno di generazione in generazione. La strada era aperta, tanto che l’anno seguente lo stabilimento venne convertito dalla produzione di aeroplani a quella di automobili, tutte caratterizzate dal numero 9. Come appunto la 92 – prima auto di serie – o la 96 che segnò il debutto di Saab AB fuori dalla Svezia o ancora la 99 del 1968, totalmente nuova rispetto a quelle precedenti, basate sostanzialmente sulla 92. Un modello di successo (quasi 700mila vendite sino all’87) e all’avanguardia, soprattutto sul fronte sicurezza.
Il rapporto con Scania
Nel 1969, Saab si fonde con il produttore di veicoli pesanti Scania Vabis: al di là della dicitura Saab Scania nel logo del grifone, il nuovo assetto va a favore di Saab. Una decina di anni dopo, sempre sulla 99, debutta il primo motore turbo offerto su una vettura di grande serie (la Bmw 2002 Turbo e la Porsche 911 Turbo erano arrivati ma erano auto di nicchia), creato grazie alla competenza specifica di Scania. Nel 1978,la splendida 900 Turbo sostituisce la 99 per diventare il più grande successo commerciale di Saab, con circa 950 mila unità prodotte di cui quasi 50 mila cabriolet fino al 1998, e con due distinte serie, in realtà molto differenti tra loro. L’ingresso di Saab nel Gruppo GM, avvenuto nel 1990 e salutato positivamente, è invece l’inizio della fine: prende il 51% lasciate da Scania e il restante 49% nel 2000.
Con GM è presto crisi
Negli Anni 90, la Casa riuscì a mantenere una parziale autonomia nello sviluppo tecnologico, ma iniziò ad adottare piattaforme del colosso americano con la seconda generazione della 900, arrivata nel ’94 e sostituita quattro anni più tardi dalla 9-3. Questa, insieme alla 9-5 del ‘97 (a sua volta l’erede della 9000 e che propone per la prima volta la carrozzeria Wagon) rappresenta il canto del cigno – sia pure ad alto livello – per la produzione Saab, contraddistinta dall’offerta di motori quasi esclusivamente sovralimentati. Dopo il 2000, si provò di tutto per il rilancio ma senza una logica: modelli “prelevati” dalle gamme di altri costruttori, come la 9-2X (una Subaru Impreza Wagon) e la 9-7X (variante del contemporaneo Suv Chevrolet Trailblazer); la 9-3 in variante wagon battezzata Sporthatch; la tecnologia BioPower per alimentare i motori tramite E85, combustibile costituito all’85% da etanolo e al 15%.
Dal fallimento alla Cina
Tutto inutile: nel 2008, GM – in grave crisi – mette in vendita Saab AB ponendosi due anni come limite per chiuderla. Incredibilmente, fa uscire la nuova 9-5 nel 2009 che Spyker Cars continua a produrre sino al 2011 prima di finire in un vorticoso giro di passaggi di proprietà sino all’istanza di fallimento del 19 dicembre 2011 che portò Saab Automobile a essere posta in amministrazione controllata. Ci sono stati tentativi di riportare in vita il marchio, quasi sempre con capitali cinesi, ma senza risultati. Curiosità: l’ultimo è del 2019 quando NEVS – la start up svedese che nel 2012 aveva recuperato gli asset Saab – ha annunciato l’avvio della produzione di una 9-3 EV in Cina, con un ritmo previsto di 50 mila vetture l’anno e commercializzazione inizialmente limitata al mercato interno. Per fortuna, ha scelto di proporla con il proprio marchio, rinunciando definitivamente anche al nome Saab. Un atto di rispetto.
30 dicembre 2024 (modifica il 30 dicembre 2024 | 07:58)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
30 dicembre 2024 (modifica il 30 dicembre 2024 | 07:58)
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