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Il dibattito sull’uso delle riserve russe custodite nelle banche europee ha preso una piega tipica per il Vecchio continente: il rinvio costante, il compromesso al minimo comune denominatore, la rinuncia ad azioni forti. Strada facendo, di vertice in vertice, mentre «giganteggiavano» i veti di piccoli paesi come Belgio e Ungheria (e altri interessi si facevano scudo di questi due paesi), si è perfino perso di vista il punto di partenza. All’origine, com’è facile ricostruire negli atti dell’Europarlamento, era in discussione l’esproprio, la confisca definitiva, la sottrazione di quelle riserve dalla proprietà della Russia, come castigo per i crimini commessi con




