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Zaia capo della Lega a Nord, la spinta dei lombardi: «Le firme si moltiplicano». Ma i veneti per ora frenano

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Dopo Zaia, tutti vogliono Zaia, possibilmente a capo di una sorta di «dipartimento Nord» della Lega. Certo, l’entusiasmo di quelle 203 mila preferenze (magnificate lunedì con l’ultimo video del «leoncino») ha aiutato. Al punto che poco oltre i confini regionali, il Carroccio si è messo di buzzo buono a raccogliere firme su firme per chiedere al segretario federale Matteo Salvini di procedere. I moduli sono pronti e girano di chat in chat. Anzi, l’uomo del giorno, Michele Maggi, segretario della sezione di Brescia, si sta dannando l’anima per reperire tutte le e-mail ufficiali delle sezioni venete per chiamare all’azione la terra dell’ex governatore. L’appello a Salvini «per la nomina di Luca Zaia a referente del Nord» recita: «Con questo appello, militanti e sostenitori sottoscrittori rivolgono al Segretario Federale della Lega, Matteo Salvini, una richiesta partecipata e convinta: indicare Luca Zaia come referente della Lega per il Nord.

I militanti veneti: «Tempismo sbagliato»

I risultati straordinari ottenuti dalla Liga Veneta alle ultime elezioni regionali confermano con chiarezza come l’Autonomia e la “questione settentrionale” non appartengano al passato, ma rappresentino ancora oggi il cuore della nostra comunità politica». La vicenda risulta quanto meno suggestiva. Storicamente i fratelli lombardi hanno esercitato uno strapotere internamente al Carroccio. E i «lighisti» veneti, seppur a tratti riottosi, non hanno mai affondato il colpo. La concatenazione di eventi che ha portato alla candidatura di Alberto Stefani quale alfiere del centrodestra in Veneto e alla sua elezione anche (ma non solo) grazie al fuoriclasse Zaia candidato capolista ovunque, ha un «effetto collaterale» pesantissimo proprio sulla Lombardia ora più vicina a essere «ceduta» a FdI. Un’eventualità che la base lombarda vuole scongiurare.
Allora, se anche non si tratta di un’Opa ostile nei confronti di Salvini, l’osanna a Zaia diventa questione spinosa. Soprattutto in Veneto dove, dopo una cavalcata indiavolata per strappare un voto in più rispetto ai meloniani, gli equilibri mutati sono ancora fragili. Anche e soprattutto internamente. E allora dal «giovane saggio» Stefani non ci si aspetta alcun sostegno alla raccolta firme che suona un po’ troppo come critica aperta a via Bellerio. Persino a Treviso dove la «questione identitaria» è più sentita, si ragiona a microfoni rigorosamente spenti: «Condivisibile l’iniziativa nel merito ma i lombardi hanno sbagliato clamorosamente i tempi… Con la giunta regionale ancora da completare non se ne parla proprio». I più ottimisti, sempre nella Marca, buttano lì un «magari ne parleremo sabato 13 durante l’assemblea provinciale per fare il punto». Deludendo così le speranze di un fronte comune nato a Brescia e dintorni.

Un’iniziativa dal basso

Nell’appello a Salvini si legge ancora «i risultati del Veneto dimostrano come il buon governo espresso dalla Lega nelle Regioni da essa amministrate, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Provincia di Trento, costituisca un patrimonio fondamentale e un valore aggiunto irrinunciabile per il nostro Movimento. Per queste ragioni, chiediamo al Segretario di istituire, analogamente a quanto già avvenuto per le Regioni del Sud, un coordinamento unitario dedicato alle Regioni del Nord la cui guida vada a Zaia, una figura tra le più autorevoli e credibili per questo incarico».
Maggi sottolinea come l’iniziativa sia partita dal basso: «È partito tutto dai militanti e a un certo punto ci siamo detti: ragazzi organizziamoci e facciamo la raccolta firme. Un’iniziativa che mi convince pienamente tanto che ci metto la faccia senza nessun tipo di problema. Dopo gli esiti delle Regionali in Veneto ha senso spingere. Del resto ci hanno convinto proprio le uscite di Zaia che il giorno dopo le elezioni ha detto “io sono a disposizione del partito”. A quel punto ci siamo sentiti in dovere di procedere».

Zaia: «Non credo nelle correnti ma nell’identità di un partito»

A dirla tutta era stato sempre Zaia, a Pontida, a riesumare il modello bavarese Cdu-Csu, sempre lui a riunire i governatori del Nord, Attilio Fontana, Massimiliano Fedriga e Maurizio Fugatti per il cosiddetto «patto del sushi» pochi giorni fa. Ma ora il «doge» rimodula: «Non sono parte dell’organizzazione di una Lega del nord e della raccolta firme che non mi pare voglia mettere in discussione la figura del segretario Salvini. Certo, c’è una questione del Nord aperta e irrisolta, come quella del Sud, e prima o poi la si dovrà affrontare». Minimizza, «ero troppo preso dalla campagna elettorale che, credetemi, è stata impegnativa». Spiega che non è neppure stabilito se ricoprirà il ruolo di presidente del consiglio regionale come si vocifera («devo ancora parlare con Alberto Stefani, aspettiamo la sua proclamazione definitiva). Ma, dicono i suoi, non è certo dispiaciuto dall’appello lombardo. Ufficialmente, però, dichiara: «Cerchiamo di fare le cose con serietà. Ognuno deve fare il suo mestiere, non ho mai creduto nell’invasione di campo e soprattutto non credo nella creazione delle correnti perché sono quelle che storicamente hanno distrutto i partiti. Invece credo moltissimo nell’identità di un partito che è il carburante per farlo vivere». Zaia «ideologo», se vogliamo, non stratega in chiave anti salviniana. Resta il fatto che l’incendio è stato appiccato.


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2 dicembre 2025

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