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Tom Stoppard, morto il drammaturgo premio Oscar per «Shakespeare in Love»

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Tom Stoppard, drammaturgo, regista e scrittore britannico (così talentuoso da essersi guadagnato il proprio aggettivo – «Stoppardiano» – nell’Oxford English Dictionary), Premio Oscar per la sceneggiatura di Shakespeare in Love (1998), è morto a 88 anni. Lo rende noto la Bbc.

Uno dei più apprezzati e prolifici drammaturghi britannici del secondo
Novecento, ha dovuto la sua fortuna a opere teatrali come Rosencrantz e
Guildenstern sono morti
 (poi diventato un film), I mostri sacri, The Real
Thing
, The Coast of Utopia e Leopoldstadt con le quali ha vinto cinque premi Tony.

Ha unito più di 30 opere teatrali a un flusso costante di lavori per la televisione e la radio, e a sceneggiature cinematografiche, tra cui un adattamento di La casa Russia di John le Carré (1990), Brazil (1985) di Terry Gilliam e Anna Karenina (2012) di Joe Wright.

La sua influenza è andata però ben oltre quanto i suoi titoli sullo schermo suggeriscano: era lo sceneggiatore di riferimento per blockbuster che necessitavano di una rifinitura (tra cui Indiana Jones e l’ultima crociata e l’avventura di Star Wars – Episodio III – La vendetta dei Sith).

Steven Spielberg una volta lo tirò fuori dalla doccia con una telefonata urgente per discutere di un problema con Schindler’s List – La lista di Schindler.

La sua prima infanzia non fu delle migliori. Nato Tomáš Straussler in Cecoslovacchia, non aveva ancora due anni quando i suoi genitori ebrei fuggirono dall’invasione nazista del 1939 a Singapore.

Tre anni dopo, fu evacuato in India con la madre e il fratello. Il padre rimase a Singapore, occupata dalle truppe giapponesi dal 1942 al 1945, come ufficiale medico dell’esercito. Alla sua morte, la madre sposò un maggiore dell’esercito britannico, Kenneth Stoppard, che adottò i ragazzi e riportò la famiglia in Inghilterra dopo la guerra.

Stoppard lasciò la scuola a 17 anni, inizialmente per diventare giornalista al Western Daily Press di Bristol. Dopo un paio d’anni trascorsi a sperimentare con brevi drammi radiofonici, la sua prima opera teatrale fu scelta per il teatro di Amburgo e per la televisione britannica.

Trasferitosi a Londra, scrisse recensioni teatrali con lo pseudonimo di William Boot, ispirato a Evelyn Waugh, prima che una borsa di studio della Ford Foundation gli permettesse di fuggire a Berlino per dedicarsi all’idea che sarebbe poi diventata una delle sue opere più famose, Rosencrantz e Guildenstern sono morti, diventata anche un film dallo stesso Stoppard diretto nel 1990.

Con The Real Thing (noto in Italia come La cosa vera), una meditazione sul dolore dell’infedeltà e sull’instabile rapporto tra arte e vita, che Michael Billington classificò tra le 101 più grandi opere teatrali mai scritte, la sua fama crebbe. Presentato per la prima volta nel West End nel 1982, vedeva protagonisti Felicity Kendal e Roger Rees in ruoli ripresi a Broadway da Jeremy Irons e Glenn Close.

Nei 15 anni successivi a The Real Thing, Stoppard raggiunse l’apice della sua carriera. Secondo la sua biografa Hermione Lee, lo stesso Stoppard riteneva che il dramma Arcadia (1993) fosse probabilmente la sua opera migliore, mentre L’invenzione dell’amore (1997) – sul poeta A. E. Housman – fosse la sua preferita.

29 novembre 2025

29 novembre 2025

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