Romeo e la «Rivista storica italiana» L’ipotesi di una candidatura alla direzione

di ADRIANO VIARENGO Adriano Viarengo precisa come avvenne la successione alla guida del periodico tra il 1957 e il 1958, da Chabod a Venturi. La risposta di Ernesto Galli della Loggia

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Gentile Direttore, Le scrivo chiedendole ospitalità in relazione all’ampio articolo di Ernesto Galli della Loggia dedicato a Rosario Romeo, comparso nel «Corriere della Sera» dello scorso 4 ottobre. Va ad onore dell’autore e del giornale aver dato ampio spazio alla figura del grande storico siciliano, alle cui opere sono legato da tutta la mia vita di studioso. In tale vita, però, sono stato anche molto legato a Franco Venturi ed alla «Rivista storica italiana». Perciò, mentre mi rallegro per l’omaggio di una firma così autorevole a Romeo, sono dispiaciuto del modo nel quale Galli della Loggia presenta l’assunzione della direzione della «Rivista storica italiana» (nata a Torino, nel 1884) da parte di Venturi come avvenuta in concorrenza con Romeo, vinto perché doveva pagare il suo non essere gradito alla sinistra imperante nella storiografia italiana.

Credo perciò mio dovere intervenire con una breve comunicazione (un cenno più ampio comparirà nella «Rivista storica italiana») a tutela dell’immagine di Federico Chabod, di Venturi e di altri eminenti studiosi ricordati nell’articolo, anche ritenendo, last but not least, che i lettori del giornale abbiano diritto di avere una informazione corretta.

Ora, Romeo non fu vittima di nulla perché mai vi fu una sua candidatura (men che meno «sostenuta da Chabod, Cantimori e Maturi», come si legge nell’articolo). Come ebbe infatti ad affermare Gennaro Sasso, riferendosi allo studio che su quella successione pubblicai, proprio nella «Rivista storica italiana», nel 2004, «sembra effettivamente da escludere, allo stato della documentazione, che in qualunque momento ci fosse stata, da parte di Chabod, l’intenzione di affidare a Rosario Romeo la direzione della Rivista storica italiana» (cfr. «La Cultura», n. 2/2005, p. 189, e la testimonianza di Rosario Villari, ivi, p. 190). E, se ben ricordo, nemmeno vi accenna Guido Pescosolido nella sua fondamentale biografia di Romeo.

Sono passati vent’anni dal mio saggio e nessun cenno a una tale candidatura è mai comparso. Del resto essa non avrebbe potuto competere con quella di Venturi. Ricordiamo sempre che parliamo di fatti accaduti tra il 1957 e la fine del 1958, quando Federico Chabod, allora il vero dominus della storiografia accademica italiana, annunciò l’intenzione di lasciare la direzione responsabile della rivista.

Nel 1957-58 Romeo aveva 33/34 anni ed aveva alle spalle soprattutto una monografia, importante e innovativa, sulla Sicilia del Risorgimento. Stavano allora appena cominciando ad uscire (1956-1958) quelli che saranno i suoi celebri articoli sulla storiografia marxista e il Risorgimento italiano. Franco Venturi, allora docente a Genova, aveva dieci anni di più e una produzione già gigantesca (227 titoli in bibliografia al 1958). Esule dal 1932 in Francia col padre, lo storico dell’arte Lionello, Venturi, collaboratore di Carlo Rosselli in Giustizia e Libertà, imprigionato in Spagna e confinato in Italia, poi partigiano nel Partito d’Azione in Piemonte, era già una figura di rilievo nella storiografia internazionale per i suoi studi su Diderot, l’Encyclopédie e il mondo dell’illuminismo italiano ed europeo – da un lato – e – dall’altro – per quelli sulla Russia del Settecento e, soprattutto, dell’ Ottocento, culminati nei due volumi sul Populismo russo (1952), concepiti e iniziati mentre era addetto culturale presso l’ambasciata italiana a Mosca e presto tradotti in inglese, con l’introduzione di Isaiah Berlin.

A parte questo, secondo la gerarchica mentalità accademica di allora, come sarebbe stato possibile che studiosi di grande prestigio come Giorgio Falco, Delio Cantimori, Arnaldo Momigliano, Ernesto Sestan e Walter Maturi accettassero di essere diretti dal pur giovane e brillante ordinario e segretario di Chabod presso l’Istituto italiano per gli studi storici di Napoli – oggi per tutti «il Croce» – che il valdostano dirigeva? E infatti nessuno ci pensò, tra i direttori.

Nessun crimine sì di sinistra (credo che a questo pensasse, scrivendo, Galli della Loggia, visto il fermo anticomunismo tanto di Chabod quanto di Venturi) ma «azionista» fu allora perpetrato (è noto che sia Chabod sia Venturi appartennero al PdA). La proposta Venturi era stata avanzata da Maturi (certo concertata con Chabod) sin da un incontro della direzione dell’ottobre 1957 (come scriverà Cantimori a Sestan l’anno dopo).

Allora, si potrà pensare, siamo di fronte ad una svista? No. Galli della Loggia si rifà ad una diceria, forse nata nell’ambito dell’Istituto napoletano, i cui allievi, giovani studiosi dal grande futuro (come, per citarne alcuni oltre a Romeo, Cinzio Violante, Giuseppe Giarrizzo, Emilio Gabba, Giuseppe Galasso, Roberto Vivarelli) costituivano la spina dorsale dei collaboratori della «Rivista storica italiana». Solo per memoria: Gabba, Galasso, Giarrizzo e Vivarelli saranno chiamati nei decenni successivi (come del resto Romeo, che non accettò) a far parte della direzione della rivista e Gabba sarà addirittura il successore di Venturi.

In quella sede, allora, c’erano certo giovanili ambizioni. Del resto anche Cantimori aveva uno scalpitante allievo come Armando Saitta. E di questo i patres seppero tener conto. Non per nulla Maturi, regista dell’operazione (con, ma in un ruolo minore, Momigliano), non certo uomo con piglio da manager, ma saggio e sensibile, aveva proposto che Venturi succedesse a Chabod come direttore responsabile unico, ma «affiancato» da lui stesso. E così avvenne. Ovvio, però, che quei giovani studiosi rimanessero delusi, in primis Romeo, il più vicino, tra loro, a Chabod.

Quanto all’influenza nella successione di Mattioli, che conosceva e stimava Venturi, anche qui non è mai emerso nulla. Anzi. Sarà Venturi, accettata la successione, a rivolgersi a lui, per vedere come raggranellare qualche soldo per mettere su una redazione a Torino, cosa che non piacque affatto né a Momigliano, né a Maturi, ben decisi a tenere il potente banchiere fuori dalla rivista.

La replica di Ernesto Galli della Loggia

Ringrazio innanzi tutto il professor Viarengo per l’attenzione e per le sue osservazioni. In merito alla questione dell’avvicendamento alla direzione della Rivista storica italiana nel 1959 mi sono attenuto alla versione — presentata come incerta , ma anche nel mio testo si legge un «si dice» — che ne dà un storico illustre come Giuseppe Giarrizzo, presumibilmente all’epoca e dopo informato dei fatti e dei loro retroscena, nel suo saggio «Venturi e il problema degli intellettuali» in Il coraggio della ragione. Franco Venturi intellettuale e storico cosmopolita a cura di L. Guerci e G. Ricuperati, Fondazione Luigi Einaudi, Torino 1998, pp. 46-47.

7 ottobre 2024 (modifica il 7 ottobre 2024 | 10:10)

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