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La voce dei cari in ospedale può valere persino più dei farmaci

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Uno studio dei ricercatori delle University School of Nursing and Health Studies di Miami, Seattle, Tampa, Pittsburgh e Nashville diretti da Cindy Munro appena pubblicato sull’American Journal of Critical Care dimostra che ascoltare un messaggio di chi ci è caro quando siamo ricoverati in terapia intensiva ottiene risultati migliori dei farmaci e riduce la comparsa di delirio, una grave complicanza che insorge più spesso negli anziani in ventilazione assistita (8 su 10) nei quali è un marker di allungamento dei tempi di ricovero, di sviluppo di demenza e talora di decesso, nonché di aumento dei costi di assistenza che negli USA vanno da 6,6 a 82,4 miliardi di dollari.

Farmaci antidelirio 
Nel 40% dei casi il delirio potrebbe essere prevenuto, ma ricorrendo ad analgesici, sedativi o antipsicotici che con i loro effetti collaterali vanno a gravare sulle già precarie condizioni di questi pazienti. Per ridurne l’uso si può ricorrere a strategie psicoterapiche di riorientamento dove conta la presenza dei familiari e il riadattamento al ciclo luce/buio, tentando magari una mobilizzazione precoce per disabituarli dall’allettamento prolungato, sempre gravido di complicanze circolatorie e respiratorie.

Familiari 
Negli Usa i lunghi tempi di spostamento a causa delle grandi distanze e gli impegni della vita rendono però difficoltosa una frequentazione assidua dei ricoverati, una situazione purtroppo spesso osservata anche in Italia quando certi malati non ricevono per giorni la visita dei loro cari.

Traendo frutto dall’esperienza maturata durante il Covid quando l’accesso in ospedale era negato e si doveva ricorrere alla comunicazione in remoto i ricercatori americani hanno allora adottato un protocollo per far ascoltare ogni giorno ai pazienti messaggi dei loro familiari istruiti da medici e infermieri sui temi da sviluppare durante la comunicazione. Lo studio è stato chiamato FAVoR, acronimo di Family Automated Voice Recording, cioè registrazione automatizzata della voce dei familiari: ha interessato 178 soggetti in ventilazione assistita (Il 60% erano maschi) con un’età media di 59,3 anni ricoverati in 9 reparti di terapia intensiva di 2 grossi ospedali della Florida.

Due gruppi 
Sono stati divisi in due gruppi di 89. Uno fungeva da controllo ricevendo i soliti trattamenti, mentre l’altro riceveva speciali auricolari wireless da cui i pazienti potevano sentire i messaggi dei loro cari 2 volte al giorno dalle 9 di mattina alle 4 del pomeriggio così da incentivare l’orientamento diurno.
Si trattava di 10 messaggi di 2 minuti l’uno inviati da un familiare scelto dalla famiglia in base al suo maggior attaccamento affettivo col malato.
Questi ultimi pazienti hanno avuto una significativa riduzione della comparsa di delirio in misura direttamente proporzionale alla quantità di messaggi ricevuti, un effetto che per i farmaci si definisce dose-dipendente. Per valutarlo sono state usate le scale CAM-ICU-7 e APACHE, acronimi rispettivamente di Confusion Assessment Method for the ICU-7 e di Acute Physiology and Chronic Health Evaluation.

Voce o messaggio? 
I miglioramenti clinici sono stati palesi, mentre non è ancora chiaro se l’effetto terapeutico sia derivato dal regolare ascolto di una voce familiare piuttosto che dai contenuti del messaggio preimpostato dal personale medico e paramedico. A ogni buon conto se avete un parente in terapia intensiva il miglior regalo che potete fargli è una cuffietta o un auricolare bluetooth per il telefonino.

24 novembre 2025

24 novembre 2025

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