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La «ribellione» delle foreste tropicali: ora rilasciano più carbonio di quanto assorbito (ma la colpa è nostra)

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Non chiamatela «anomalia». Per anni abbiamo attribuito alle foreste tropicali un compito chiave: mantenere pulita l’aria dell’atmosfera. Un ruolo tutt’altro che scontato: con l’intensificarsi del cambiamento climatico e delle attività antropiche, fusti, rami e apparati radicali hanno progressivamente smesso di trattenere il carbonio in modo efficace. Una recente ricerca condotta in Australia e pubblicata su Nature mostra che la biomassa legnosa ha addirittura iniziato a emetterlo.

Un fenomeno mai documentato prima

È la prima volta che la comunità scientifica si confronta con una situazione simile. «Se le foreste tropicali stanno perdendo la capacità di fungere da pozzi di carbonio, potrebbero non essere più partner affidabili per i nostri obiettivi di contenimento delle temperature», spiega al Corriere David Bauman, ricercatore presso l’Institut de Recherche pour le Développement (IRD) e coautore dello studio. Il suo gruppo ha monitorato, dal 1971 a oggi, circa 11 mila alberi in 20 foreste pluviali dell’estremo nord-est australiano. Analizzando i dati storici, la squadra ha individuato un punto di svolta. Si tratta dell’anno 2000, momento in cui la biomassa legnosa ha iniziato a mostrare un’inversione di tendenza rispetto ai modelli attesi. Riducendo, cioè, la propria capacità di catturare l’anidride carbonica, con la sola eccezione delle radici (insufficienti, tuttavia, a compensare il deficit).

Perché avviene

Il fenomeno è in parte imputabile alla crescente moria degli alberi, oggi raddoppiata rispetto ai valori storici. Quando gli alberi cessano di vivere, ora a causa degli eventi climatici estremi ora a causa dell’urbanizzazione, il legno si decompone e rilascia diossido di carbonio nell’atmosfera. Se la crescita della foresta non compensa queste perdite, il carbon balance diventa negativo. Gli autori evidenziano una contraddizione. È noto il ruolo dell’anidride carbonica nel favorire la crescita delle piante. E il telerilevamento lo conferma: le chiome delle foreste tropicali australiane sono oggi del 20% più verdi rispetto agli Anni Ottanta. Eppure, l’aumento della fotosintesi non si è tradotto in una maggiore capacità di stoccaggio della CO₂. «L’incremento delle temperature estreme, della siccità atmosferica e dei deficit idrici sta anzi determinando un aumento della mortalità degli alberi», puntualizza Bauman.

Soluzioni in vista?

Gli scienziati non si limitano a descrivere il fenomeno, ma propongono anche strategie concrete per affrontarlo. Bauman mette però in guardia da letture semplicistiche: «Sarebbe pericoloso incolpare le foreste di essere diventate inquinanti. Sono tra i più grandi serbatoi di carbonio a nostra disposizione. Finché resteranno in piedi e godranno di un adeguato regime di protezione, continueranno a svolgere le loro funzioni». Il punto, dunque, è garantire che continuino a farlo. E questo, come l’esperienza insegna, non è affatto banale.

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Riferimenti: Carle, H., Bauman, D., Evans, M.N. et al. Aboveground biomass in Australian tropical forests now a net carbon source. Nature 646, 611–618 (2025). https://doi.org/10.1038/s41586-025-09497-8

25 novembre 2025

25 novembre 2025

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