La neuroscienziata Michela Matteoli: il cervello è una pianta da curare

diDANILO ZAGARIA «La fioritura dei neuroni» della studiosa, docente all’Humanitas di Milano, esce il 1° ottobre per Sonzogno nella collana curata da Eliana Liotta: il tessuto nervoso, se sostenuto, può fiorire per tutta la vita

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A partire dai trent’anni, i neuroni umani iniziano a morire. Suona come una condanna, la conferma biologica che il nostro tempo è limitato e che potremmo arrivare alla fine dei nostri giorni privi di lucidità. È un’idea che, in un modo o nell’altro, abbiamo tutti quanti, fin dai banchi di scuola. Alla straordinaria complessità della sua architettura e delle sue funzioni, il tessuto nervoso umano possiede un vulnus: la neurogenesi, cioè il popolamento del cervello da parte di una fitta rete di neuroni, è un processo tipico dei cervelli giovani, che diminuisce drasticamente con il passare degli anni fino a scomparire del tutto nell’individuo adulto. Si tratta di una convinzione che arriva da lontano, dagli inizi del secolo scorso, e che però, fin dagli anni Sessanta, la scienza ha messo in discussione.

A presentare, in un libro divulgativo e di facile accesso, un soggetto come la neurogenesi negli adulti e le ricerche che da decenni tentano di provarla è il nuovo volume della collana Scienze per la vita, curata da Eliana Liotta per l’editore Sonzogno: La fioritura dei neuroni. Come far sbocciare la nostra intelligenza per tutta la vita. L’autrice è Michela Matteoli, già arrivata in libreria con Il talento del cervello due anni fa, direttrice del programma di neuroscienze dell’ospedale universitario milanese Humanitas e docente di farmacologia. 

Dalle pagine di questo nuovo libro — conciso, diretto e chiaro — emergono analisi di studi recenti, brevi ma illuminanti salti nel passato della neurobiologia, considerazioni non soltanto tecniche ma di ampio respiro, etiche, legate a temi sociali di grande rilievo, fra cui gli impatti della guerra sul cervello umano, il razzismo e l’evoluzione del nostro rapporto con le intelligenze artificiali.

La fioritura dei neuroni è un testo positivo, ottimista e ricco di spunti. Se alla ricerca serve ancora tempo per indagare la neurogenesi negli adulti, tutti gli adulti (e non solo) possono fare molto per allontanare o comunque limitare il declino cognitivo. La ricetta non sembra complicata: «Dalla nascita in poi cominciamo ad ammassare la nostra riserva cognitiva, un patrimonio di conoscenze che si costruisce gradualmente e che si fa più consistente se studiamo, leggiamo, facciamo pratica di una lingua straniera o se arricchiamo di esperienze e di relazioni le nostre giornate». 

In altre parole, una vita ricca, attiva e piena, consente al cervello di rinfoltirsi, di generare nuove sinapsi, cioè le connessioni fra i neuroni. Quello che abbiamo nella scatola cranica è infatti un organo plastico, che cambia la propria struttura quando impara e incamera nuove esperienze.

Matteoli insiste su alcune azioni benefiche, utili per garantire una buona vecchiaia al nostro cervello. Prima si sofferma sull’importanza della lettura. I libri lasciano infatti una traccia fisica dentro di noi, influenzando la creazione di nuove sinapsi nel cervello. Un influsso che resiste anche in tarda età, come ricorda Luis Sepúlveda nel suo romanzo Il vecchio che leggeva romanzi d’amore: «Sapeva leggere. Fu la scoperta più importante di tutta la sua vita. Sapeva leggere. Possedeva l’antidoto contro il terribile veleno della vecchiaia». 

Ma i libri non sono la sola freccia a nostra disposizione, La fioritura dei neuroni propone e analizza anche altre sei strategie: la stimolazione mentale, il movimento, la corretta alimentazione, la vita sociale, il relax e il sonno. A giudicare dagli studi riportati negli ultimi capitoli del libro, la ricchezza di relazioni sociali pare essere un tema di grande importanza che oggi, in un’epoca di conflitti, intolleranze di vario genere e individualità spesso sfrenata, è messo a dura prova.

A fine lettura, non è difficile rendersi conto che anche il viaggio proposto dall’autrice all’interno dell’architettura neurale è un esercizio utile, che stuzzica l’intelletto e mette alla prova l’immaginazione. La neurobiologia è infatti un campo dell’anatomia in cui il ricorso alle metafore, morfologiche o funzionali, non manca. Piccole stelle, prolungamenti intricati che somigliano ai rami o alle radici di una pianta, nodi, processi che ricordano il cablaggio di una rete informatica e altri che paiono non troppo diversi dalla diligente potatura di un albero.

Lo stesso vocabolario scelto da Matteoli porta i lettori all’interno di una grande metafora. Il nostro cervello è un organo «arboreo», che va annaffiato e sostenuto con grande costanza, proprio come una pianta da appartamento o una siepe da giardino. In assenza di cure e attenzioni, avvizzisce ed è meno capace di resistere alle patologie che possono colpirlo. Sta a noi impedire che l’età, l’ambiente in cui ci muoviamo, il tipo di relazioni che coltiviamo e lo stile di vita che scegliamo abbiano la meglio sulle sue fronde, i suoi rami e le sue radici.

28 settembre 2024 ( modifica il 28 settembre 2024 | 12:17)

28 settembre 2024 ( modifica il 28 settembre 2024 | 12:17)