
DAL NOSTRO INVIATO
SALISBURGO – «È una testimonianza incredibile», dice Luca Salsi ripensando alla struggente intervista di Marianna Aprile a Martina Oppelli, poco prima che morisse volontariamente, ridotta a «oggetto» dalla malattia. Martina raccontava del conforto avuto ascoltando Maria Callas in Andrea Chénier. È la tragedia di chi ha perso tutto e in quel momento le si disvela l’amore. Il grande baritono canterà l’opera di Giordano il 25 agosto al Festival di Salisburgo.
Quella stessa aria, in chiave consolatoria, c’è in un grande film, «Philadelphia».
«Sì, quello con Tom Hanks. malato di Aids. La musica può salvare tante vite, se ci si lascia trasportare dai sentimenti è un veicolo di emozioni. Andrea Chénier fu, nel 2017, la prima delle mie cinque aperture di stagione alla Scala, il teatro in cui mi sento a casa».
Sul verismo resistono i cliché.
«Secondo le dicerie è musica dozzinale, invece il verismo fatto bene, come dice la parola stessa, se non si indulge in macchiettismo, con troppe urla fuori dalle note, è verità, esprime passioni reali».
Troppi cantanti però cercano i facili effetti.
«Riccardo Muti mi ha insegnato a cercare la verità dietro le note scritte. Certi mi accusano di declamare e cantare poco le note, sacrificando il bel suono. Ma Verdi diceva: voglio la parola scenica».
È nato in terra verdiana.
«A San Secondo Parmense, 5 km da Roncole di Busseto. Da piccolo componevo canzoni di musica leggera, suonavo Dalla e Vasco Rossi e coinvolgevo gli amici che non sapevano nulla di musica a cantare lirica con me: dalla Corale Verdi si diventava coristi del Teatro Regio. Adolescenza banale, giocavo a pallone e rugby, ora il tennis».
Sinner o Alcaraz?
«Stravedo per Sinner, mi piacerebbe conoscerlo e giocarci, ma non vedrei la pallina anche se la rimandasse coi piedi. Siamo simili, lui ed io: concentrazione, umiltà, determinazione. Subito dopo aver vinto a Wimbledon ha detto: c’è ancora da lavorare. Io studio, ripasso».
Il suo mentore è Muti. Ma anche Mehta.
«La magia di Zubin sta nello sguardo e negli occhi. Che carisma. Ama anche scherzare. A Firenze, per gioco a una prova diressi gli ultimi accordi del Te Deum di Tosca. Mi guardò, ora continua tu, mi disse porgendomi la bacchetta, che poi mi firmò e regalò.
Ha compiuto 50 anni.
«Il bilancio è positivo, ne ho fatte di cose, a Verona canto tre opere. Quando comincerò a tirare il freno, spero di cantare di più nella mia Parma. Al Festival Verdi ho cantato solo due volte».
Capitolo loggionisti.
«Io divido le acque: piaccio o non piaccio. A Parma proprio in Chénier una donna da lassù mi gridò: era meglio Cappuccilli. Sono d’accordo, le risposi dal palco. E si placò tutto. Una settimana dopo quella signora morì. Si sparse la voce: non contestate Salsi».
A Parma si vive la lirica come nell’800.
«Io penso che un po’ di magia s’è persa, molti dei personaggi che giravano attorno all’opera non ci sono più, anche se nei retropalchi si continua ad affettare il salame».
6 agosto 2025 ( modifica il 6 agosto 2025 | 19:35)
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