In estate Christine Lagarde ha visitato Kiev e, quando è ripartita, le autorità ucraine sono rimaste con un’impressione chiara: la presidente della Banca centrale europea è – riservatamente – favorevole all’uso delle riserve russe bloccate in Belgio per aiutare il Paese aggredito nella guerra.
La credibilità dell’euro quale valuta di riserva internazionale
Questa non è mai stata la posizione ufficiale della Bce. Molti dei banchieri centrali, soprattutto ma non solo in Germania, si sono sempre preoccupati dell’impatto che potrebbe avere la cattura di riserve sovrane investite da un Paese terzo in titoli denominati in euro. Secondo loro, non rimborsarli alla nazione che ne detiene la proprietà sarebbe di fatto un default che mette in causa la credibilità dell’euro quale valuta di riserva internazionale. Vari governi del Golfo avrebbero persino avvertito le autorità francesi che, se ci fosse un sequestro delle riserve russe in euro a favore dell’Ucraina, essi sarebbero costretti a riconsiderare i loro investimenti in debito pubblico di Parigi o di Roma. Di qui parte della freddezza di molti banchieri centrali al piano sul «tesoro di Mosca».
Il tesoro di Mosca e gli scrupoli dei banchieri
Il rifiuto di garantire il ponte di liquidità necessario se i governi europei dovessero un giorno rimborsare quelle riserve alla Russia, dopo averle utilizzate per l’Ucraina, riflette la riluttanza della Bce a finanziare i governi stessi. Essa è fondata nella legge: la banca centrale è indipendente per trattato e per statuto, dunque non può coprire il fabbisogno di liquidità degli Stati a discrezione di questi ultimi.
Ma la riluttanza di molti banchieri centrali europei sull’idea stessa di usare le riserve russe, per non creare la situazione di un default e non intaccare la credibilità internazionale dell’euro, è la cornice nella quale il rifiuto della Bce è maturato.
Eppure Lagarde, che ha un profilo e dei trascorsi più politici di gran parte degli altri dirigenti della Bce, sembrava aver segnalato la sua apertura in linea di principio a Kiev. Altri importanti ex banchieri centrali di Francoforte sono ancora più favorevoli.
Il corto circuito europeo (e le preoccupazioni per un default dell’euro)
Com’è possibile questo apparente corto circuito? In parte, almeno la preoccupazione sugli effetti di un eventuale default europeo nei confronti della Russia sono esagerate. La realtà è che il default è già avvenuto e non è successo niente di male né all’euro, né al costo del debito dei governi europei. I titoli nei quali Mosca aveva investito in Europa sono già quasi tutti scaduti (da un pezzo) e i governi europei hanno già preso la decisione di non rimettere a disposizione di Mosca la relativa liquidità. Siamo già formalmente in default di pagamento verso la Russia, ma le altre potenze emergenti non hanno ritirato le loro riserve dall’euro (come in teoria minacciano).
La decisione dei governi e il futuro dell’Unione come potenza
Il tema di fondo, in sostanza, è di volontà politica dell’Unione europea di contare nella partita ucraina oppure no. Abbiamo la capacità di agire da potenza internazionale quando le circostanze lo richiedono? I principali Paesi europei – Francia e Italia su tutti, perché oggi i più dubbiosi – sono disposti a fornire al Belgio (dove le riserve russe sono collocate) le necessarie garanzie finanziarie per far funzionare il piano a favore dell’Ucraina?
Queste sono le domande di fondo. Sono domande politiche. Gli aspetti tecnici relativi all’eventuale fornitura di liquidità in situazioni avverse vengono dopo. Ma se il piano non decolla, non sarà stata colpa della Bce. La palla è, in pieno, nel campo dei governi.


2 dicembre 2025 ( modifica il 2 dicembre 2025 | 13:09)
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