
Il magistrato Stefano Vitelli, che pronunciò l’assoluzione in primo grado di Alberto Stasi per l’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto 2007 a Garlasco, è tornato sul caso che riaccende il dibattito su uno dei gialli giudiziari più controversi degli ultimi vent’anni.
«L’ho assolto perché le criticità erano numerose», ha spiegato Vitelli nel corso della trasmissione «Lo stato delle cose» su Rai3, condotta da Massimo Giletti. Il giudice ha sottolineato come gli approfondimenti investigativi, anziché chiarire i punti oscuri, abbiano fatto emergere ulteriori elementi di incertezza.
La questione temporale rappresentava uno dei nodi più delicati. «È stato provato che Stasi era a casa sua, a lavorare alla tesi di laurea, dalle 9.35 alle 12.20. Nessuno lo ha visto uscire», ha precisato Vitelli.
Ma l’elemento che ha pesato maggiormente nella decisione di assoluzione è stata l’assenza di un movente chiaro. «Qui il movente non c’è», ha ribadito il giudice. «Tra Alberto e Chiara non è emersa prova di un litigio né la sera prima né la mattina del 13 agosto. Tra l’altro, al mattino ci sarebbe stato anche poco tempo per litigare».
Il magistrato ha concluso con una riflessione sul principio cardine del diritto: «Quando ti trovi di fronte a un’obiettiva incertezza, hai il dovere, prima ancora che giuridico, morale, di assolvere per non mettere in galera un innocente».
La vicenda giudiziaria di Stasi è stata travagliata: assolto in primo e secondo grado, fu condannato in appello bis nel 2014 e la sentenza venne confermata dalla Cassazione nel dicembre 2015 a 16 anni di reclusione.
02 dicembre 2025
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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