
Sembrava una storia ormai archiviata, lo scandalo dei 3,5 milioni di euro per la partecipazione della Regione siciliana al Festival di Cannes con una mostra su donne e cinema. Roba del 2023. Peraltro, poi bloccata dal governatore Renato Schifani per l’esosità dell’impegno. Ma è da quel filone di indagini, avviato quando sull’assessorato al Turismo dominava uno dei massimi dirigenti di FdI, Manlio Messina, che si arriva oggi a una spinosa inchiesta per corruzione sull’attuale presidente del parlamento siciliano, Gaetano Galvagno, stesso partito e stessa pedina utilizzata per i finanziamenti adesso passati ai raggi X dal procuratore di Palermo Maurizio De Lucia.
La pedina sotto inchiesta, insieme ad altre, è la portavoce di Galvagno, Sabrina De Capitani, una dinamica aspirante manager che già figurava nel 2023 con l’ermetica qualifica di «key account» della società lussemburghese Absolute blue, quella dei 3,5 milioni. Adesso, lei, indagata per corruzione come Galvagno in relazione a presunti più recenti pasticci, si è dimessa lasciando un vuoto in un cerchio magico che traballa perché una comunicazione giudiziaria frattanto è arrivata pure all’assessora Elvira Amata, stesso partito.
Ogni posizione è tutta da chiarire, compresa quella di Galvagno, il giovane presidente dell’Assemblea regionale con radici a Paternò, il paese etneo del presidente del Senato La Russa dal quale è sponsorizzato. Sospettato di favoritismi per una decina di biglietti a concerti finanziati dall’Assemblea, per alcuni incarichi, addirittura per un quadro e un abito da sartoria ricevuti in omaggio, Galvagno è incredulo. Ha cercato di bloccare il vocio creato attorno alle prime notizie convocando ieri pomeriggio una seduta del Parlamento più antico del mondo, come si legge sulle epigrafi di Palazzo dei Normanni. E, sotto le volte con le sette fatiche d’Ercole, ha provato con toni pacati a difendersi, certo di non avere violato alcuna legge: «Nessun interesse personale, non mi dimetto».
Il dibattito che ne è seguito ha trasformato Sala d’Ercole in una sorta di aula giudiziaria. Con difese e attacchi destinati a galleggiare senza verdetti. Con delusione di chi chiedeva al presidente un passo indietro. È il caso del presidente pd della Commissione antimafia Antonello Cracolici e dell’ex «iena» di Italia 1 Ismaele La Verdera, adesso con un suo movimento ma eletto deputato con il sindaco di Taormina Cateno De Luca, il quale ha difeso Galvagno e attaccato l’ex figliol prodigo.
La Procura, intanto, prosegue con indagini che preoccupano il Palazzo. Emblematiche alcune intercettazioni che riguardano la oramai ex portavoce di Galvagno, ma anche una donna in carriera come Marcella Cannariato, moglie di Tommaso Dragotto, patron di una delle più grandi compagnie di noleggio, Sicily by car. Altra pedina del cerchio magico, da ieri dimissionaria da un’ambita poltrona del Teatro Massimo, quella del consiglio di indirizzo. Imbarazzanti i dialoghi fra De Capitani e altre donne in lite anche preparando costosi concerti di Natale. «Potessero uccidersi fra loro… meno male, che facciano pure l’evento sulle donne», commentava De Capitani parlando con Marianna Amata, altra pedina arrivata dall’Etna, sgradita a Cannariato, a sua volta redarguita. «Non si tocca. Dipende da “Uomo6”». Un nome in codice che magistrati e Guardia di finanza utilizzano per indicare chi manovra. Come si faceva nelle inchieste sulla mafia, adesso quasi sovrastata dall’ombra opaca della corruzione.
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1 luglio 2025
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