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Elisabetta Canalis: «Che gioia adottare un cane in canile: gli salvi la vita e ne ricavi amore infinito»

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Se fosse arrivata con un po’ di ritardo, se avesse trovato traffico o un intoppo lungo la strada nei cento chilometri che separano la sua casa di Los Angeles dal rifugio, Megan oggi non ci sarebbe più. Era già «sulla lista» e aveva il suo «numerino» accanto al nome. Quello della sequenza con cui cani e gatti che nessuno ha adottato vengono avviati all’eutanasia. Negli Stati Uniti funziona così. Quelli del canile glielo avevano detto senza girarci troppo attorno: «Se arrivi entro l’orario concordato bene, altrimenti noi procediamo». Ma lei è arrivata in tempo e Meghan ora scodinzola nella sua  casa. Con lei ci sono anche Nello e Josie. C’era anche Charlie, ma qualche settimana fa li ha lasciati. 

Loro sono i cani di Elisabetta Canalis, attrice e conduttrice tv e tante altre cose ancora. E adesso anche scrittrice. Proprio grazie a loro, a Meghan, Josie, Charlie e Nello. Che hanno ispirato il suo primo  libro, «Zampe sul cuore», appena pubblicato per Rizzoli, che racconta delle adozioni vissute in prima persona, ma anche dei cani che ha aiutato a trovare una nuova famiglia nel rifugio californiano in cui è volontaria. I proventi delle vendite a lei destinati saranno devoluti al rifugio dei Fratelli Minori di Olbia e a Save the Dogs, due associazioni che le stanno particolarmente a cuore e con cui ha più volte collaborato. Il libro era inizialmente stato pensato per i ragazzi, con un pensiero alla figlia Skyler, che sta crescendo imparando a relazionarsi con loro. Ma che è diventato per tutti, raccontando senza grosse censure la realtà dei canili, la fatica degli operatori che cercano di trovare loro una casa e la gioia estrema quando una di quelle gabbie si apre e il cane percorre i vialetti verso l’uscita al fianco del suo nuovo compagno umano o della sua nuova famiglia. 

 «I cani sono una parte della mia vita, da quando a 8 anni ho finalmente convinto i miei genitori, inizialmente restii, ad adottarne uno – spiega Canalis -. Era un desiderio che avevo da sempre ed è stato il mio primo grande sogno realizzato». Detto da una donna che nella sua vita di traguardi e di successi ne ha raggiunti parecchi è una gran cosa. Anche perché è un sogno che lei ha vissuto più volte dopo quella prima esperienza da bambina («Ho avuto più di una decina di cani») e che è alla portata praticamente di tutti: «Adottare un cane, soprattutto togliendolo da un canile, significa riempire la propria la vita di gioia e di amore. Non potrei più concepire la mia senza averne uno o più di uno al  mio fianco».

A Los Angeles Elisabetta fa volontariato in un rifugio che accoglie i tanti trovatelli della metropoli californiana e promuove diversi eventi pro-adozioni. Anche perché, diversamente dall’Italia, la permanenza degli animali nei canili non è illimitata. Sono animali «a scadenza»: ad un certo punto finiscono in lista e per loro scatta il conto alla rovescia. Come era capitato a Megan. Ma non tutti hanno la fortuna di qualcuno che arrivi prima che sia troppo tardi a cambiare un destino sulla carta già segnato. Per molti c’è solo un’iniezione e la fine di tutto. «I cani entrano nelle liste per i motivi più banali – racconta Canalis -: per una tosse più pronunciata, per piccoli malanni che possono benissimo essere curati. O perché il supervisor della struttura li ritiene non adottabili, perché anziani o acciaccati. Ma anche solo perché abbaiano o ululano se si ritrovano chiusi in casa da soli e ovviamente non è una loro colpa». Lei che tra quei box ci trascorre molto tempo lo traduce in termini inequivocabili: «Il canile è una prigione, un carcere pieno di innocenti che pagano per responsabilità che non hanno». 

Il libro è scritto a due voci: una è la sua, l’altra è quella di Nello, l’unico dei cani adottato in Italia. Al rifugio di Olbia, che aveva iniziato a frequentare dopo che un’alluvione lo aveva colpito diversi anni fa per poi andarci regolarmente, lo aveva notato perché era quello dell’ultimo box in fondo. Quello che nessuno avvicinava, di cui nessuno chiedeva notizie. Lei, che andava spesso in visita ed era ormai amica della responsabile della struttura, invece lo aveva subito notato. E alla fine, vedendo che nessun altro se ne interessava, ha deciso di prenderlo e portarlo con sé negli Usa. È proprio a lui, a Nello, che ha affidato il ruolo di seconda voce narrante, dandogli il compito di spiegare tutta la faccenda dal punto di vista di chi sta dall’altra parte.

I cani, lo abbiamo capito, sono la passione di Elisabetta Canalis, ma anche il cavallo occupa una parte importante del suo cuore («Io e mia figlia li amiamo, trascorriamo molto tempo con loro. E anche il mio cavallo arriva da un recupero»). Ma in realtà tutti gli animali sono la sua causa. In passato  ha prestato il proprio volto e la propria immagine per la difesa di  tante battaglie animaliste, in particolare affiancando Peta (People for ethical treatment of animals) nelle campagne contro le pellicce e contro l’utilizzo di pelli esotiche. Una scelta di campo ben precisa, anche coraggiosa per chi tra le proprie attività ha anche quella di modella. Ma che ha sempre rivendicato con convinzione.  «Ho deciso di spendermi in attività benefiche per gli animali  – spiega – perché molte altre persone, che come me hanno la fortuna di avere vivibilità, hanno scelto di occuparsi solo di altre forme di charity. Ma gli animali sono parte delle nostre vite, è giusto che qualcuno dia voce anche a loro».

Con Save the Dogs il rapporto è nato quasi per caso. Ha letto delle loro iniziative, dei salvataggi dei cani di strada in Romania e in Italia. L’ha incuriosita il progetto «Amici di strada», che porta i volontari dell’associazione assieme a veterinari e altri operatori umanitari a prestare assistenza ai cani dei senza tetto o delle persone in estrema difficoltà. Che non hanno soldi per curare gli animali, ma per cui gli animali sono spesso l’unica compagnia della vita. Ha preso contatto con loro e si è ritrovata una sera anche lei con la casacca azzurra a girare per i quartieri periferici di Milano. «Vedi una città diversa – spiega Elisabetta – e vedi gli sguardi delle persone, la loro dignità nonostante i pochi mezzi di sussistenza. E soprattutto il grande amore che li lega ai loro animali». 

Save the dogs, vent'anni dalla parte dei cani (e delle persone). Con l'arrivo del freddo il nuovo progetto per i senza tetto

A quella  prima esperienza ne sono seguite altre. Senza annunci, senza grande clamore. «È un altro modo per rendersi utili e continuare l’attività che si svolge in canile – dice ancora Canalis -. Alla fine di ogni giornata trascorsa fra le gabbie si torna a casa provati, con molta malinconia e tristezza nel cuore». Si torna a casa, ma i cani restano là, chiusi nei loro box. E per molti di loro, là negli Usa, arriverà il momento in cui sarà un’iniezione a decretare la fine della loro esperienza terrena. «I cani che vivono nei canili sono speciali – sottolinea Elisabetta -. Hanno una luce particolare nello sguardo, che quando ti entra dentro non si spegne più. Se potessi li prenderei tutti con me. Proprio tutti».

Elisabetta Canalis: «Che gioia adottare un cane in canile: gli salvi la vita e ne ricavi amore infinito»

27 novembre 2025

27 novembre 2025

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