E ora parliamo di soldi

di Elisa Messina Anche quest’anno Bper Banca sostiene l’associazione D.i.Re nell’aiuto alle vittime della violenza. L’economista Azzurra Rinaldi spiega perché l’educazione finanziariasalva la vita alle donne

Questo post è stato originariamente pubblicato su questo sito

«Quando ero ragazzina, negli anni 90, mia nonna mi diceva: “Come sarebbe bello se tu sposassi un imprenditore!”. Dal suo punto di vista era un gesto di cura nei miei

confronti: si dava per scontato che io, in quanto donna, avrei dovuto occuparmi della prole, questo era quello che lei, in buona fede, si augurava per me. Pure io sono cresciuta con l’idea che l’uomo provvede a te perché da sola non te la cavi».
Azzurra Rinaldi, economista, scrittrice e direttrice della School of Gender Economics, Università Unitelma Sapienza parte con la sua storia per far capire quanto siano radicati, e quanto ancora influenzino il nostro sentire, quegli stereotipi che tengono le donne lontano dalla gestione del denaro. Qualcosa di trasversale a tutti i ceti sociali perché nasce dall’educazione che riceviamo da piccole, dalla cultura in cui siamo immerse.

Non mi dica che c’è ancora qualcuno che dice che parlare di soldi non è elegante per una donna?

«Il primo libro divulgativo che scrissi si intitolava Le signore non parlano di soldi. Su LinkedIn arrivarono decine di commenti, perlopiù maschili, di questo tono: “Finalmente qualcuno dice che sono volgari le donne che parlano di denaro!”. Ho dovuto rispondere a uno a uno, “no guardi, è il contrario, nel libro spiego proprio perché le donne devono essere più autonome e consapevoli quanto a disponibilità e uso dei soldi”. Il canone della femminilità ci vuole depotenziate, invisibili e silenziose. Una donna che parla di soldi è imperdonabile. Perché entra in un sistema di gestione del potere. E il potere dei soldi è quello di renderti libera di fare delle scelte».

Scelta che può essere anche quella di uscire da una relazione.

«Esatto. Poter dire: ho la sicurezza economica per poter vivere da sola. Ma se non ho un lavoro? Quando vado nei centri antiviolenza incontro spesso donne che ci hanno messo anni a uscire da una situazione di maltrattamenti. Perché non sapevano come andare avanti, non avevano soldi. È il denaro quello che ti permette di dire “me ne vado”. Rinunciare alla propria occupazione o lasciare che la gestione economica sia in mano all’uomo espone a una fragilità che può portare alla violenza economica o che comunque, in caso di separazione, ci mette nella situazione più debole. Quando faccio consulenza nelle aziende su questi temi sento spesso reazioni maschili tipo: “Perché lei dovrebbe avere il suo conto? Noi ci amiamo”. Oppure: “Io do a mia moglie tutto quello che mi chiede”. Ma cos’è una paghetta? Sono affermazioni in buona fede ma che confondono l’amore romantico con i diritti di ciascuno nella coppia».

Eppure sono ancora molte le donne che decidono di lasciare il lavoro quando diventano madri.

«Soprattutto in Italia. I dati Inps ci dicono che una su cinque lascia dopo il primo figlio. L’ispettorato nazionale del lavoro ci dice che sul totale delle dimissioni presentate e accolte, il 73 per cento viene da lavoratrici madri. E se parli con loro molte ti dicono “avrei continuato ma non potevo perché dovevo pensare al figlio”. E purtroppo la maggior parte di loro non rientrerà più».

Ma la colpa qui non è solo del pregiudizio culturale.

«Vero. Siamo uno dei pochi Paesi ricchi che dà soldi alle madri per uscire dal mercato del lavoro anziché per rientrarci: due anni a stipendio pieno. E sono soldi pubblici! Che escono delle nostre tasse. In Italia lavora solo una donna su tre e il 49 % ha incarichi part time. Lo Stato si aspetta che la cura sia sulle tue spalle. Per non parlare della carenza di strutture come gli asili nido: nel piano di attuazione del Pnrr sono stati ulteriormente ristretti i fondi e i posti previsti per i nuovi nido. In Calabria, intanto, ci sono 11 posti ogni 100 bambini».

Un altro luogo comune in cui le donne cadono a proposito del denaro?

«Quelle che dicono “sono cresciuta nel matriarcato perché i soldi in casa li gestiva la mia mamma”. Ma questo è patriarcato travestito: si parla di una gestione all’interno delle mura domestiche, mentre lui mantiene la gestione su tutto il resto del mondo».

Corriere della Sera è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati.

21 novembre 2024 (modifica il 21 novembre 2024 | 09:45)

21 novembre 2024 (modifica il 21 novembre 2024 | 09:45)