Azar Nafisi a Pordenonelegge: «La letteratura è verità: ecco perché fa paura»

di GIULIA ZIINO, nostra inviata a Pordenone La scrittrice iraniana al festival per la consegna del premio Crédit Agricole-La storia in un romanzo.

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«La letteratura dice la verità, per questo è sovversiva, e potente: spaventa i regimi, che si fondano sulla bugia». L’applauso lunghissimo del Teatro Verdi, tutto in piedi, saluta Azar Nafisi e rende onore alla sua voce coraggiosa. La scrittrice iraniana, 76 anni, da tempo negli Usa, è a Pordenonelegge per la consegna del premio Crédit Agricole-La storia in un romanzo, 17ª edizione, da sempre uno dei momenti chiave del festival.

Sul palco delle grandissime occasioni, accompagnata da Alberto Garlini — uno dei curatori della rassegna insieme a Valentina Gasparet e al direttore artistico Gian Mario Villalta —, Nafisi fa sentire forte la sua voce: racconta l’Iran degli ayatollah ma anche l’America di oggi. Un po’ anche l’Italia, Paese dove «l’acqua diventa vino, da sempre parte della mia Repubblica dell’immaginazione», dice, citando il titolo del suo libro che, con Quell’altro mondo e Leggere Lolita a Teheran, forma il quartetto ora reso completo daLeggere pericolosamente
(tutti editi da Adelphi), in cui si confronta con grandi colleghi scrittori. Lo fa sotto forma di lettere che immagina scritte a suo padre, Ahmad Nafisi, che fu sindaco di Teheran e pagò con il carcere la fedeltà ai propri principi. «Quando ero bambina — racconta — ogni sera mi leggeva una storia diversa: una notte eravamo a Londra con Alice e quella dopo in America con Carlotta e la sua tela, e ancora dopo in Italia con Pinocchio. Ho imparato così che la letteratura poteva portare il mondo intero nella mia cameretta a Teheran: i libri fanno questo, travalicano le barriere di spazio, tempo, etnia, religione, genere e rendono gli autori e gli scrittori parte di una stessa comunità, degli “estranei intimi”».

È una fede forte, quella di Azar Nafisi nella letteratura: «In Iran — dice — subito dopo aver buttato giù le statue dei reali, il regime ha buttato giù quelle dei poeti. Ma quella poesia è la nostra cultura, la nostra identità, non le leggi che la Repubblica islamica ha spacciato all’Occidente come parte della nostra tradizione. Leggi che permettono di fare sposare bambine di 9 anni, di lapidare le prostitute e le adultere, di affittare una donna per 5 minuti o per 99 anni». Gli scrittori — dice Nafisi — sono sentinelle, profeti di libertà, costringono a pensare. Dicono il vero, anche quando disturba, e non solo i regimi: «La democrazia è fragile, oggi in Occidente in troppi la danno per scontata e dimenticano quante vite si sono sacrificate per raggiungerla. È il rischio che corre l’America di oggi, il non voler affrontare temi scomodi, disturbanti, ma è la vita in sé che è disturbante e le coscienze dormienti, l’atrofia del sentire sono il vero pericolo: è quando si dimentica la strada fatta per raggiungere la democrazia che l’autocrazia può diventare seducente».

Alla letteratura, il compito di svegliarci. Nafisi cita James Baldwin, Salman Rushdie, Primo Levi, voci contro l’assolutismo, il sonno delle coscienze: «Levi diceva che i mostri esistono e sono pericolosi, ma sono pochi. Chi davvero fa paura sono le persone ordinarie che eseguono i loro dettami senza farsi domande». La lotta contro i regimi non ammette complicità — «è una questione non solo politica, ma esistenziale: il totalitarismo vuole prendersi le nostre anime, i nostri cuori, farci provare rabbia come la provano i regimi. Non è un caso se lo slogan della protesta delle donne scoppiata dopo la morte di Mahsa Amini è: donne, vita e libertà. Qui parliamo di vita, di identità».

Nel pomeriggio, ai giornalisti che le chiedevano un’opinione sulla guerra in Israele, Nafisi aveva ribadito la sua convinzione nella validità della soluzione dei due Stati: «Gli israeliani e i palestinesi, in questo momento, sono entrambi governati da leader corrotti e criminali; il protrarsi della guerra è tutto a vantaggio dei terroristi di Hamas e di Netanyahu. Noi non dobbiamo dare appoggio a questi leader, ma ai popoli: il popolo palestinese e israeliano non sono i loro governanti». È un regista israeliano tra l’altro — Eran Riklis — a dirigere il film tratto da Leggere Lolita a Teheran che a ottobre sarà proiettato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma. La convivenza, dice Nafisi, è possibile: «Sono in contatto con diverse organizzazioni tra cui Parent’s Circle, che riunisce famiglie israeliane e palestinesi che hanno perso entrambe figli nella guerra: se possono stare insieme loro, possiamo farlo anche noi».

22 settembre 2024 (modifica il 22 settembre 2024 | 19:32)

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