Si possono fare confronti tra la storia millenaria del piccolo borgo di Celano, un gioiello incastonato nella natura dell’Apennino, e quella poco più che centenaria della Vancouver metropolitana e multiculturale? E tra le due regioni che li contengono, l’Abruzzo dell’agricoltura, dell’artigianato, delle nuove industrie, e la British Columbia con le sue immense risorse forestali, ittiche, turistiche, con i suoi dinamici centri commerciali e finanziari? Il confronto è diretto unicamente a dare l’idea di differenti realtà nelle quali si muovono persone umane degne tutte di riconoscimento e rispetto. E i Celanesi – sia quelli rimasti in patria, sia quelli che nella canadese British Columbia hanno trovato accoglienza e lavoro, facendone la nuova casa per se stessi e i numerosi discendenti – potranno rinnovare legami mai spezzati, comprensione reciproca, solidarietà che unisce e rafforza al di là di differenze solo esteriori. Ciò che importa è mantenere i valori dell’identità originaria innestati e accresciuti al contatto con nuovi modi e nuovi mondi, dei quali si è diventati, sia pure in parte, artefici.
Pareti di roccia e foreste, dolci paesaggi collinari e magnifiche spiagge sabbiose caratterizzano questa regione dell’Italia centrale, bagnata dal Mare Adriatico, il cui territorio è occupato in massima parte dall’Appennino abruzzese. Tra le alte vette del Gran Sasso (2.912 metri il Corno Grande), della Majella e del Velino e la costa, la natura dell’Abruzzo forma un quadro di varietà e suggestione: così ne parla il Ministero degli Esteri. Un milione 262.392 abitanti su una superficie di 10 mila 794 chilometri quadrati, 118 abitanti per Kmq, l’Abruzzo ha una storia antica e porta i primi segni della civiltà italica, risalente al quarto secolo avanti Cristo. Ha quattro provincie: L’Aquila, Chieti, Pescara e Teramo.
Ambientata tra l’immenso oceano Pacifico ad ovest e le magnifiche Montagne Rocciose ad est, la British Columbia è la più occidentale delle dieci provincie-regioni del Canada. Benedetta da paesaggi mozzafiato, è ricca di montagne, fiumi, laghi, foreste, parchi e spiagge incontaminate: così si legge in una sintetica presentazione fattane da BC Tourism. Il clima è temperato, anche se le cime delle montagne sono perennemente coperte di neve. Oltre quattro milioni di abitanti, concentrati per la maggioranza a Vancouver (più di due milioni) e nella capitale Victoria (345 mila), la BC è la terza più popolata provincia canadese dopo l’Ontario e il Quebec. L’area territoriale è di 944 mila 735 chilometri quadrati, il che significa che vi si possono contenere tre Italie e più di novanta Abruzzi!
La cima più alta, nella Fairweather Mountain, è di quattromila 663 metri; il punto più basso, al livello del mare, è sull’oceano Pacifico. Il fiume più lungo, lo storico Fraser dei cercatori d’oro, conta 1.368 chilometri. Il lago più ampio e l’isola più estesa sono rispettivamente Williston Lake, 1.761 km2, e Vancouver Island, 32 mila 137 km2. E che dire di Vancouver, la metropoli che da Expo 86 (si celebrava allora il primo centenario) e dalle Olimpiadi invernali del 2010 ha subito un’espansione vertiginosa, trasformandosi da tranquillo villaggio di pionieri del far-west a sofisticata metropoli di fama mondiale? Definita tempo fa dall’Economist Intelligent Unit la città più vivibile del mondo, circondata da una corona di montagne, i piedi nell’oceano e la testa nei cieli, Vancouver è uno dei pochi posti al mondo dove gli appassionati di sport possono sciare di mattina e veleggiare nel pomeriggio. La popolazione british columbiana, di appena 4.4 abitanti per km2, età media sotto i quarant’anni, è di origine composita: dagli aborigeni – circa 170 mila tra nativi, meticci ed altri – alla totalità degli immigrati provenienti in un secolo e mezzo da oltre quarantacinque paesi del mondo. Multietnicità e multiculturalità ne costituiscono il tessuto sociale, come d’altra parte avviene per l’intero Canada. Splendor sine occasu, splendore senza tramonto, è il motto della British Columbia: un’immagine e un augurio che sono nel cuore di tutti.
Nella storia: abruzzesi a Vancouver
Quanti gli abruzzesi arrivati a Vancouver nel secolo scorso? E quanti, in particolare, i celanesi e loro discendenti, che del locale gruppo regionale costituiscono l’ossatura portante? Sarebbe bello che un’indagine statistica fosse condotta da qualche giovane, magari come parte di una tesi di laurea. La proposta vale naturalmente anche per altri gruppi regionali o paesani. Figli e i nipoti di donne ed uomini, che hanno lavorato e tribolato per dar loro un’educazione superiore e un futuro spesso brillante nella nuova patria, potrebbero in tal modo contribuire a fare memoria della storia dei loro genitori e dei loro nonni. Per ora accontentiamoci di raccogliere alcune testimonianze, sono anch’esse importanti quali tessere di un mosaico che un giorno potrebbe evidenziarsi in disegno completo, con i suoi bei colori e le mille sfumature.
Il capostipite dei celanesi di Vancouver – si legge in un vecchio opuscolo del Circolo Abruzzese – è Antonio Rossi. Nato a Celano nel 1899, era immigrato in Canada nel 1926: con lui la moglie, Lucia Stefanucci, e i loro due bimbi, Caterina di due anni e Loreto di uno. Più tardi nascerà Eda, la terzogenita. Antonio e Lucia, con la loro generosità e magnanimità si sono resi responsabili – così è affermato – della venuta a Vancouver della maggioranza dei celanesi. Nel 1949 fecero atto di richiamo ai fratelli Augusto e Luigi Rossi, e a Luigi Stefanucci, e da questi è iniziata la catena che poi ha incrementato l’afflusso dei celanesi in questa città. Si parla di un centinaio di famiglie, tra Vancouver e il territorio provinciale.
Luigi Stefanucci, indimenticabile figura di genitore e nonno oltre che di strenuo lavoratore e attivista comunitario, era nato a Celano nel 1915. Sua conterranea era la moglie, Onora Paris, di quattro anni più giovane. Cresciuti ambedue a Celano, s’erano sposati nel 1936 e dalla loro unione erano nati Andrea (Andy), Lisiena (Lucy) e Gaudenza (Judy). Nel 1949 Luigi era emigrato in Canada, dove aveva lavorato fino al 1980 per la Canadian National Railway (quanti altri italiani furono come lui assunti dalla CNR!). Un anno dopo, Onora – modello di donna generosa e forte come lo sono state le compagne dei pionieri – lo aveva raggiunto con i figlioletti. Per ragioni di lavoro la famigliola s’era spostata dalla periferia di Vancouver ad Avola, una piccola località dell’interno britishcolumbiano, cinquanta abitanti e una scuola “che consisteva in una sola stanza, dove venivano insegnate tutte le materie dei dodici anni di curriculum”. Così ha raccontato la quartogenita degli Stefanucci, Loreta Conte, nata a Vancouver nel 1953 dopo il definitivo rientro dei suoi nel capoluogo.
Anello dopo anello la catena si estende…. Dalla bella storica Celano del primo biografo del Poverello d’Assisi, dalle montagne dell’Abruzzo forte e gentile, dai paesini arroccati come aquile sulle cime più alte, in moltissimi sono partiti percorrendo le vie del mondo, a cercare pane e futuro ma anche a seminare valori indistruttibili: l’amore alla famiglia, la tenacia nel lavoro, la lealtà nell’amicizia, la solidarietà comunitaria. E ancora la profonda religiosità (famoso il culto dei Santi Martiri della fede cristiana, Simplicio, Costanzo e Vittoriano) e il sacro senso dell’ospitalità. Tutto ciò mantenendo solidi legami con la terra natale, dove sono rimaste famiglie e case d’origine, e tutto un mondo di umanità con il quale continuare a scambiare esperienze e sentimenti.
Ad Avola – la minuscola località sopra nominata – era arrivato nel 1952 anche il ventenne Antonio (Tony) Paris, la cui madre era una Stefanucci. Era sbarcato in Canada provvisto di solo cinquanta dollari e di nessuna conoscenza della lingua inglese. Alle dipendenze della CNR, manovale prima e capogruppo in breve, dopo qualche tempo il giovane si era trasferito a Vancouver per lavorare nel settore edilizio e successivamente in quello metallurgico. Intelligente, determinato, nel 1972 aveva deciso di dar vita ad una attività in proprio, fondando la Apollo Sheet Metal Ltd con sede in una iniziale piccola officina di Vancouver, diventata velocemente una fabbrica in Burnaby e trasformatasi quindi in un complesso di grandi capannoni in Coquitlam. La Apollo è oggi considerata un’industria leader nel settore degli impianti di riscaldamento e aria condizionata. Contemporaneo all’attività imprenditoriale è stato per Paris il volontariato comunitario: socio co-fondatore del Centro culturale italiano, presidente per 14 anni del Circolo Abruzzese, benefattore di iniziative assistenziali, già direttore dell’Health and Benefit Plan a vantaggio dei lavoratori del settore lamiere sottili, ad un centinaio dei quali garantisce lavoro in un ambiente di collaborazione e reciproco rispetto.
Poco più giovane di Tony è un altro celebre abruzzese, Luciano Montagliani, classe 1936. La sua è una storia per certi aspetti terribile, per altri fortunata. Aveva vent’anni quando la sua vita s’era interrotta dopo un volo di venti metri dal muro del Castello di Celano dove stava lavorando, e su di lui un camion carico di mattoni. Uscito miracolosamente dal coma, cancellati venti anni di memoria, Luciano raggiunse alcuni parenti in Canada. Si stabilì a Vancouver, era un bravo meccanico e nel 1960 aprì una sua officina. Sposato dal 1964 con la compaesana Filomena Finucci, hanno avuto due figli: Vittorio, laureato in scienze politiche, e Mario, specializzato in criminologia. Luciano, tifosissimo di calcio, ha trasmesso loro la sua passione, tanto che il figlio Mario è diventato presidente della Lega Calcio della British Columbia e vicepresidente della Lega Calcio canadese. Da pensionato, Luciano coltiva anche un altro hobby, il restauro di auto d’epoca. Da ricordare che i Montagliani sono stati presidenti rispettivamente del Circolo Abruzzese e della Lega femminile.
In ricordo di Loreto Zaurrini (1945-2009)
Senza far torto a nessuno, perchè dei celanesi è ben conosciuto lo spirito di corpo manifesto in generosità e reciproca solidarietà, ci sia lecito riconoscere che Loreto Zaurrini è stato il motore trainante del gruppo, l’ideatore di iniziative, l’entusiasta trascinatore di individui e intere famiglie verso attività comunitarie tese al bene comune e alla gioia di vivere. La sua ultraquarantennale esperienza di vita e di impegno in Canada, dove viveva dal 1966, ne fece un punto di riferimento importante per quanti da lui cercavano informazioni, suggerimenti, incoraggiamento e aiuto concreto. Poco più che ventenne e diplomato in ragioneria, Zaurrini aveva fatto domanda di emigrare in Sud Africa e in Canada. Giunse per prima la risposta canadese. E fu Nazzareno Perrotta – altro indimenticabile personaggio comunitario scomparso – ad offrirgli il proprio indirizzo di Prince George, una cittadina del nord britishcolumbiano dove il conterraneo da tempo lavorava. Ma nei miei primi giorni in Canada incontrai la gran parte dei celanesi di Vancouver, loro mi convinsero a restare. E poi la domenica successiva al mio arrivo conobbi Judy Stefanucci, come me celanese…. ci sposammo nel 1968 – mi raccontò Loreto anni or sono – abbiamo avuto tre figli, Sante, Tina e Filippo, e siamo rallegrati anche da cinque nipotini.
Sobrio ed essenziale, da persona che dava importanza ai fatti più che alle parole, mi aveva cosi’ riassunto il suo curriculum professionale: “Tony Paris mi offerse il primo lavoro nell’installazione degli impianti di riscaldamento all’Università della British Columbia. Successivamente ho lavorato per la Alcan nelle fonderie di alluminio di Kitimat. Con mio cognato Andy avevamo acquistato il ristorante Gallo d’Oro gestendolo fino al 1974: il giornalista James Barber più volte scrisse di noi nel “Province” contribuendo al successo del locale. È stato in quel periodo che ho avuto la fortuna di conoscere l’armatore Vito Trevisi che mi offerse di lavorare nel suo cantiere navale, dove rimasi per un paio di anni. Subito dopo ho lavorato con la ditta Bonan; durante quell’esperienza ho guidato i lavori di costruzione del Centro Italiano. Nel 1984 ho avviato l’attività di contrattore generale con Holaco Construction Ltd che tuttora gestisco con i miei figli e mio genero. Ci siamo specializzati nel rinnovo di sedi per istituzioni finanziarie (TD Canada Trust, Scotia Bank), laboratori chimici, padiglioni universitari (UBC, SFU) e colleges (BCIT). Occupiamo una trentina di operai specializzati in carpenteria, cartongesso, acustica”.
Anche del suo esemplare impegno comunitario egli mi riferì scarnamente: Sono stato presidente del Circolo Abruzzese, rappresentante dell’Italian Canadian Congress, della Federazione Abruzzese Canada, e attivissimo durante la concezione e costruzione del Centro italiano, e aggiunse sono forse l’unico oggi che si sia autotassato per il benessere finanziario del Centro con una contribuzione annua di mille dollari. Sembra una storia lontana di anni… ne sono passati oltre trentacinque da quando Loreto lavorava assiduamente di braccia e di cervello (muratore-saldatore e contemporaneamente presidente ad interim della società del Centro) e trascinava amici e non al coinvolgimento per la realizzazione della “casa degli italiani” di Vancouver, progetto che ha vissuto all’epoca controversie e difficoltà.
A quest’uomo erano state dedicate pagine di giornale – famosa un’intervista dell’aprile 1978 a cura della scomparsa Marta Frascati per l’Eco d’Italia – e capitoli di pubblicazioni, come nel secondo volume Vancouver’s Society of Italians di Raymond Culos. Tramite il settimanale comunitario Loreto faceva passare una serie di idee e di inviti al coinvolgimento, sia nella società canadese come cittadini attivi, sia nella comunità italiana quali corresponsabili nel mantenere e trasmettere cultura e tradizioni. “Zaurrini era destinato a lasciare un segno indelebile nella comunità, in particolare come entusiasta e generoso lavoratore volontario per la costruzione dell’Italian Cultural Centre” ha scritto tra l’altro lo storico Culos. “Ha dedicato talmente tanto del suo tempo nel luogo della costruzione, e conseguentemente al servizio della comunità italiana, che sua moglie Judy un giorno disse che se Loreto avesse lavorato nello stesso modo per il proprio interesse personale sarebbe sicuramente diventato subito milionario!” Judy Zaurrini Stefanucci (1946-2010) se n’è andata, appena un anno dopo la morte improvvisa di suo marito. Non li dimenticheremo.