«Accendere una luce su chideve fermare gli atti violenti»

D.i.Re - Donne in Rete contro la violenza aiuta migliaia di donne ogni anno a sottrarsi ad ogni tipo di violenza. Che definisce senza mezzi termini (e basandosi sui numeri) «una responsabilità collettiva» «Nel 2023 le organizzazioni della rete D.i.Re hanno accolto oltre 23.000 donne di cui circa il 36% ha dichiarato di subire violenza economica», ha affermato Antonella Veltri, presidente di D.i.Re - Donne in Rete contro la violenza. Sono state accolte 2.374 donne in più rispetto all’anno prima, un dato in crescita dell’11,5%. Donne che cercano un supporto nel loro percorso di uscita dalla violenza. L’associazione riunisce più di 88 organizzazioni sul territorio che gestiscono 117 centri antiviolenza, per offrire servizi come accoglienza telefonica, colloqui personali e consulenza psicologica o legale; e 66 case rifugio per garantire protezione alle donne e ai propri figli o figlie in caso di grave pericolo. Il 46,5% delle donne che si rivolge a un centro antiviolenza ha un’età compresa tra i 30 e i 49 anni, il 67% sono italiane. Quasi una donna su tre non ha alcun tipo di lavoro, quindi è a reddito zero. Le forme di violenza esercitata sulle donne sono di varia natura. La più frequente è quella psicologica, violenza subìta dalla maggioranza delle donne (82,2%), seguita da quella fisica (56,5%). Almeno 1 donna su 3 subisce violenza economica. A fronte di questi dati, soltanto il 28% delle donne accolte decide di denunciare e, quindi, di avviare un percorso giudiziario. «Abbiamo deciso – ha annunciato Veltri – di lanciare una campagna di sensibilizza-zione per mettere in evidenza come sia importante un cambio di paradigma. Bisogna accendere una luce su chi ha la responsabilità di fermare la violenza: gli uomini che agiscono, la società che tollera, le istituzioni che non la contrastano». Dunque, la violenza sulle donne è una responsabilità collettiva. È necessario cambiare i soggetti a cui vengono rivolte le domande, «invece di chiedere a una donna perché non ha un conto corrente o non lavora, sarebbe opportuno chiedere a un uomo perché le impedisce di avere un’autonomia economica o di svolgere un lavoro». II Fondo Autonomia è un passo verso l’indipendenza, «i contributi permettono alle donne alla fine di un percorso di allontana-mento dalla violenza di avere la possibilità di una vita libera». Corriere della Sera è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati. 21 novembre 2024 (modifica il 21 novembre 2024 | 09:52) © RIPRODUZIONE RISERVATA

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«Nel 2023 le organizzazioni della rete D.i.Re hanno accolto oltre 23.000 donne di cui circa il 36% ha dichiarato di subire violenza economica», ha affermato Antonella Veltri, presidente di D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza. Sono state accolte 2.374 donne in più rispetto all’anno prima, un dato in crescita dell’11,5%. Donne che cercano un supporto nel loro percorso di uscita dalla violenza. L’associazione riunisce più di 88 organizzazioni sul territorio che gestiscono 117 centri antiviolenza, per offrire servizi come accoglienza telefonica, colloqui personali e consulenza psicologica o legale; e 66 case rifugio per garantire protezione alle donne e ai propri figli o figlie in caso di grave pericolo. Il 46,5% delle donne che si rivolge a un centro antiviolenza ha un’età compresa tra i 30 e i 49 anni, il 67% sono italiane. Quasi una donna su tre non ha alcun tipo di lavoro, quindi è a reddito zero. Le forme di violenza esercitata sulle donne sono di varia natura. La più frequente è quella psicologica, violenza subìta dalla maggioranza delle donne (82,2%), seguita da quella fisica (56,5%). Almeno 1 donna su 3 subisce violenza economica. A fronte di questi dati, soltanto il 28% delle donne accolte decide di denunciare e, quindi, di avviare un percorso giudiziario. «Abbiamo deciso – ha annunciato Veltri – di lanciare una campagna di sensibilizza-zione per mettere in evidenza come sia importante un cambio di paradigma. Bisogna accendere una luce su chi ha la responsabilità di fermare la violenza: gli uomini che agiscono, la società che tollera, le istituzioni che non la contrastano». Dunque, la violenza sulle donne è una responsabilità collettiva. È necessario cambiare i soggetti a cui vengono rivolte le domande, «invece di chiedere a una donna perché non ha un conto corrente o non lavora, sarebbe opportuno chiedere a un uomo perché le impedisce di avere un’autonomia economica o di svolgere un lavoro». II Fondo Autonomia è un passo verso l’indipendenza, «i contributi permettono alle donne alla fine di un percorso di allontana-mento dalla violenza di avere la possibilità di una vita libera».

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21 novembre 2024 (modifica il 21 novembre 2024 | 09:52)

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