In un 2025 di «grazia» per il debito pubblico italiano, l’ultima benedizione è arrivata nella serata dello scorso venerdì 21 novembre. Quando l’agenzia di rating Moody’s, la più occhiuta e severa tra le organizzazioni che monitorano l’andamento dei conti pubblici italiani, ha promosso l’Italia innalzando il giudizio sulla qualità del debito tricolore da Baa3 a Baa2. Un evento positivo di cui non c’erano precedenti da ben 23 anni. Moody’s non è stata l’unica agenzia di rating a migliorare la sua visione sulla sostenibilità di lungo periodo del debito pubblico italiano: ad aprile del 2025 l’agenzia S&P aveva alzato il giudizio da BBB a BBB+ mentre anche le agenzie Fitch e Dbrs in corso d’anno anno migliorato la loro valutazione di un «notch», un gradino sulla scala del rischio. Questa raffica di promozioni, ovviamente, ha avuto un effetto benefico sull’andamento di mercato delle emissioni di Btp del debito pubblico italiano, sull’intera curva delle scadenze, dai 3 fino ai 50 anni. Alcune scadenze tuttavia hanno corso di più in termini di calo dei rendimenti (e quindi di aumento delle quotazioni di mercato, che si muovono in senso inverso rispetto ai rendimenti). Adesso, secondo gli analisti, le migliori opportunità si incontrano tra i Btp di durata compresa i 10 e i 30 anni e tra le emissioni più «corte» a 5 anni.Â
Un 2025 positivo
In un anno difficile per le emissioni governative in euro, segnate da un forte aumento del rendimento del Bund tedesco e dell’Oat francese i Btp italiani sono stati gli unici a mostrare una tendenza positiva, grazie soprattutto al calo di circa 40 punti del differenziale di rendimento con il Bund. In termini assoluti i rendimenti dei Btp a dieci anni, sono scesi dal 3,52% di inizio gennaio al 3,40% dei venerdì 27 novembre. Una diminuzione modesta ma che ha comunque sostenuto le quotazioni dei titoli già emessi facendole lievitare di circa lo 0,5% sulla scadenza decennale. Il calo dello spread è stato positivo anche per il debito pubblico al punto che secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio lo Stato potrebbe risparmiare oltre 17 miliardi di euro di spesa per interessi nel prossimo quinquennio.Â
I Btp a lunga scadenza: guadagni potenziali dell’8-9% in 12 mesi
A trarre il maggiore vantaggio potenziale dal miglioramento dello scenario complessivo del debito pubblico italiano sono, in prospettiva, le emissioni di durata compresa fra i 20 e i 30 anni. «Per quanto riguarda i Btp a dieci anni ci aspettiamo un ulteriore restringimento dello spread che potrebbe portare il rendimento sul decennale al 3,30% nei prossimi mesi e a un livello del 3,20% nel 2026», spiega Paolo Barbieri, specialista del reddito fisso di Valori Am, una società indipendente di gestione del risparmio con sedi a Milano, a Lugano e in Lussemburgo. Per chi detiene Btp il guadagno in conto capitale potrebbe essere modesto, nell’ordine dell’1-2%. «Molto più interessanti sono invece le scadenze tra i 20 e i 30 anni dove la riduzione del differenziale di rendimento con il Bund non si è ancora pienamente manifestata. Per quanto riguarda il titolo a 30 anni, per esempio, ci aspettiamo che il rendimento scenda dall’attuale 4,30% circa al 4%. In questo scenario il rendimento annualizzato del titolo, comprensivo di cedola e guadagno in conto capitale, potrebbe raggiungere l’8-9%, considerando un 4% di cedola e un 4-5% di guadagno in conto capitale», afferma Barbieri.
Il rendimento dei Btp a 5 anni? Il 2% sopra l’inflazione
L’altra scadenza da tenere sott’occhio è quella dei Btp a 3-5 anni. «Nel caso delle scadenze più brevi assistiamo a un fenomeno inconsueto. Le emissioni elleniche a cinque anni presentano uno sconto di rendimento rispetto ai Btp italiani di circa 10-15 punti base. E’ possibile che dopo le promozioni del rating italiano di questi ultimi mesi questo «gap» andrà a chiudersi», spiega Barbieri. In termini assoluti il rendimento dei Btp a 5 anni, oggi intorno al 2,68%, potrebbe scendere verso il 2,5%. In questo caso il guadagno «total return», comprensivo di cedola e capital gain potrebbe assestarsi sul 3,3%», conclude il fund manager. Un valore non disprezzabile considerando che il tasso di inflazione corrente viaggia in Italia sull’1,2%. Il guadagno netto si assesterebbe infatti intorno al 2%.Â
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2 dicembre 2025 ( modifica il 2 dicembre 2025 | 15:06)
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