
Ma perché Can Yaman? A cinquant’anni dalla celebre serie Rai che lo rese «immortale», torna «Sandokan», l’eroe attraverso cui quel genio di Emilio Salgari conduceva i suoi lettori in terre esotiche e in tempi lontani: nel Borneo della prima metà dell’Ottocento, tra popoli in lotta per la libertà e potenze coloniali spinte da un’avidità cieca e feroce (Rai1, otto episodi).
Ma perché Can Yaman? Da un’idea di Luca Bernabei, la serie è un nuovo adattamento della storica saga sviluppato per la tv da Alessandro Sermoneta, Scott Rosenbaum e Davide Lantieri, e diretto da Jan Maria Michelini e Nicola Abbatangelo. Ai quali devono piacere molto le serie turche trasmesse con successo da Canale 5.
Il nuovo «Sandokan» vive su una contraddizione insanabile: di fronte a un impegno produttivo di Lux Vide di grande levatura internazionale, non si può scegliere un attore così impacciato, così poco espressivo (nonostante la bellezza instagrammabile), così inadatto al ruolo. Il regista gli deve aver detto: «Mi raccomando fa la tigre della Malesia». E lui, come i bambini, per tutta la durata dell’azione fa la tigre, non so se della Malesia o di altro paese. Se viene meno l’attore principale è difficile poi tenere in piedi il resto della costruzione. Anche Alessandro Preziosi, nelle vesti di Yanez, è sempre sopra le righe, fa persino le faccine.
A un certo punto, ho pensato che sceneggiatura e regia volessero mettere in luce quell’ironia involontaria che ogni tante traspare dalle pagine di Salgari, quando il tono epico, avventuroso e drammatico raggiunge il suo punto limite e si volge nel contrario. Ma il suo stile di scrittura era pensato per essere immediato e capace di stimolare lo spirito di avventura. Evidentemente ero fuori strada.
Rispetto alla versione di Sergio Sollima del 1976, questa voleva essere più al passo con i tempi, forse più ambigua, cercando quell’introspezione dei personaggi che nel racconto epico di solito non c’è. La ricerca di una maggiore complessità nei rapporti emotivi e di potere deve però fare i conti con gli interpreti. Non basta citare Shakespeare per essere un bravo attore.
2 dicembre 2025
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