
DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE
NEW YORK – «Da comandante di due guerre, posso dire che nessuno conosce il costo di un conflitto e ne vuole la fine più di coloro che vi sono stati coinvolti. La chiave è concluderla in modo duraturo, giusto e ragionevole», ci dice il generale David Petraeus, già comandante delle forze multinazionali in Iraq e in Afghanistan, ed ex direttore della Cia.
I negoziati ci stanno avvicinando alla pace in Ucraina o no?
«È difficile dirlo perché ci sono cose che non sappiamo e molto dipende dalla disponibilità della Russia a fare concessioni. Sappiamo che i punti del piano sono stati ridotti da 28 a 19 su cui c’è accordo tra Usa e Ucraina e che ci sono alcuni aspetti che devono essere risolti tra i presidenti Trump e Zelensky. Abbiamo poca contezza di quello che i russi sono pronti ad accettare: finora le loro richieste sono state massimaliste incluso sostituire Zelensky con una figura pro-russa e una forte demilitarizzazione dell’Ucraina. E il terzo elemento è che l’Ucraina dia alla Russia territori nella parte sudorientale che la Russia non solo non controlla ma che non ha ancora avvicinato, incluse le città fortificate assai ben difese e molto difficili da conquistare, dato il numero straordinario di caduti russi per conquistare posti come Pokrovsk e ottenere modesti risultati strategici in due anni. E probabilmente uno dei punti di discussione tra i due presidenti sarà la cessione di territori non conquistati. A quel punto, la questione è quali promesse a prova di bomba vengono fatte all’Ucraina per assicurare la deterrenza da future aggressioni russe e la punizione per la Russia se lo rifà».
Qual è la sua speranza?
«A dire la verità speravo che ci potessero essere due serie di azioni da parte del mondo occidentale per l’aiutare l’Ucraina a fare ancora meglio sul fronte e nella difesa dello spazio aereo: innanzitutto se l’Europa finalmente accettasse di usare i 200-250 miliardi di dollari delle riserve russe congelate nelle banche europee, in particolare in Belgio come collaterali per emettere bond garantiti di Euroclear, il denaro potrebbe essere dato all’Ucraina per acquistare sistemi di armi e munizioni che non possono produrre da soli (come quelle per la difesa dai missili balistici) ma anche per raddoppiare la produzione di droni da 3,5 milioni a 7 milioni l’anno. E potrebbero superare i loro problemi economici per due-tre anni».
La seconda serie di azioni?
«Schiacciare l’economia di guerra russa con ulteriori sanzioni. L’Ue ha appena approvato il 19° giro di sanzioni, gli Stati Uniti hanno colpito Lukoil e Rosneft e decine di altre entità. L’economia russa è più fragile di quanto si creda: il fondo per il welfare nazionale finirà i soldi l’anno prossimo, poiché è stato deviato sull’industria militare. Bisogna colpire chi supporta l’economia di guerra russa, comprando petrolio e gas e con chip, motori, magneti, gran parte dei quali vengono dalla Cina. Con queste due azioni Putin sarebbe costretto a porre fine alle ostilità: non potrebbe continuare. Ogni notte anche se la Russia fa danni enormi dal cielo, l’Ucraina prende di mira le raffinerie russe, i depositi di carburante: ne ha colpiti il 30%, secondo alcune stime il 50%. E sta aggiungendo al suo arsenale i missili Flamingo, con gittata assai superiore ai Tomahawk, e testate più grosse: devono solo aumentarne la produzione. Gli asset congelati sarebbero d’aiuto».
La premier Meloni non è favorevole all’invio di truppe in Ucraina. Una garanzia simile all’articolo 5 della Nato sarebbe sufficiente?
«Dipende quanto è simile all’articolo 5. Dovrebbe essere a prova di bomba. E ricordate che l’articolo 5 in realtà non è totalmente a prova di bomba. Un attacco contro uno è un attacco contro tutti, ma non tutti risponderanno allo stesso modo. Io sarei a favore di qualcosa di più specifico. In ogni caso non sono mai stato tanto sicuro sulla forza di rassicurazione in Ucraina: se è sul terreno ma non al fronte, quanto può riassicurare? Penso che la rassicurazione migliore sia fornire un numero più massiccio di armamenti, munizioni, capacità tecniche che l’Ucraina non ha ancora, specialmente di difesa missilistica contraerea e balistica piuttosto che una presenza sul terreno, a meno che non sia davvero sul fronte e versi il sangue con gli ucraini».
I russi ripetono che presto si prenderanno tutto il Donetsk: Trump ha suggerito di crederci.
«No, non si sono nemmeno avvicinati alla cintura fortificata, in alcune aree sono quasi al confine ma per arrivarci hanno combattuto per due anni e subito perdite che nemmeno io — che da comandante di due guerre e ufficiale generale in 5 comandi ho scritto lettere di condoglianze a madri e padri americani quasi ogni notte— riesco a concepire».
2 dicembre 2025
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