
DAL NOSTRO INVIATO
KIEV – Senza il cavolo, dicono a Kiev, il bortsch non è bortsch. «E quello che ci han servito in Florida, aveva troppa carne». I delegati ucraini han ringraziato per la minestra di barbabietole, offerta dal mediatore americano Steve Witkoff, criticando un po’: si sa che i negoziati sono la solita zuppa a cottura lenta, e gl’ingredienti van dosati. Domenica sera, s’è cucinato un colloquio di 5 ore. Ma l’assaggio finale spetta a Vladimir Putin, adesso. Senza i russi, la pace non è pace. E nel menù, ci sono ancora troppi piatti indigesti.
Territori e Nato
«Il nodo centrale», dice Zelensky. Gli Usa propongono a Kiev d’accettare lo status d’una Crimea annessa da dieci anni (ma sarebbe un brutto precedente, considerata la storia europea dei territori presi unilateralmente), oltre che cedere il Donbass Orientale non ancora conquistato dai russi: Lugansk è quasi totalmente persa, ma il Donetsk no, è costato troppe vite e per il leader ucraino, rinunciarvi, significa l’impopolarità. Trump offre una «cintura di fortezze» ucraine con una zona russa demilitarizzata, ma il tutto suona come una concessione a Putin: si rischia una nuova aggressione, con le solite «rivoluzioni popolari» filorusse e i gruppi paramilitari organizzati da Mosca. Bisogna anche aggirare la Costituzione ucraina, che esclude modifiche dei confini. Più facile frizzare il fronte a Kherson, invece, dove il fiume Dnipro fa da barriera. A Zaporizhzhia, i russi avanzano e un congelamento conviene anche a Kiev: la centrale nucleare sarebbe sotto controllo Aiea, l’energia prodotta verrebbe divisa fifty-fifty.
Inserire nella Costituzione ucraina il divieto d’entrare nella Nato. Non era l’obbiettivo dell’invasione di Putin? E allora, come aggirare l’ostacolo, evitando che Kiev perda la faccia? È pronto un escamotage giuridico: l’Ucraina non verrebbe spinta ufficialmente a rinunciare alle sue aspirazioni, ma Nato e Russia potrebbero accordarsi a livello bilaterale, senza coinvolgere Zelensky nel processo decisionale. Non è così facile, perché: 1) serve l’ok degli altri Paesi atlantici (Polonia e Baltici non lo daranno mai); 2) il leader ucraino vuole negoziare direttamente con Trump, anche se il presidente Usa lo rimbalza. Si prevede pure che la Russia s’impegni a non invadere altri vicini e che la Nato non s’espanda: per la Georgia, già attaccata nel 2008, sarebbe un problema grosso.
Esercito e elezioni
L’accordo su un massimo di 600mila soldati andrebbe bene «se non fossimo un Paese minacciato», dicono gli ucraini, che ne vogliono almeno 800 mila (finanziati da chi?) e si chiedono perché non imporre un tetto anche alla Russia: «Se fra due anni Mosca ammassa un milione di soldati sul confine — è il dubbio —, noi che facciamo? Rispettiamo il tetto? O sforiamo, dando a Putin una scusa per invaderci?». Tutti d’accordo sui jet europei da schierare in Polonia e sugli accordi per le bombe atomiche: tanto, ci sono già.
Impossibile, fare le elezioni entro cento giorni: servono prima una smobilitazione militare, una riforma del voto, una campagna elettorale, un censimento degli elettori, il ritorno dei profughi… Tempi troppo brevi favorirebbero la propaganda russa, dice Zelensky: già toccato dagli scandali, sa che la firma d’un simile patto lo porterebbe a sconfitta sicura.
Soldi e crimini
Trump promette la fine delle sanzioni e il ritorno di Mosca nel G8, ma vuole cooperazione con Putin su energia, terre rare e Artico. Poi c’è la ricostruzione: in ballo, almeno 100 miliardi di beni russi congelati in Europa. Kiev teme la beffa: se passasse la cessione dei territori, l’Ucraina avrebbe meno aree distrutte della Russia, chiamata invece a governare regioni che ha raso al suolo: paradossalmente. Putin riavrebbe parte dei soldi confiscati, pur non potendo spenderli a piacere. «Dobbiamo garantire che Mosca non sia addirittura ricompensata», avverte Zelensky.
Ai russi è promessa un’amnistia sui crimini di guerra. Ma su quali basi? Né Mosca, né Washington aderiscono alla Corte dell’Aia. I due Paesi s’impegnano a favorire «la comprensione reciproca». E Kiev dovrà bandire ogni attività neonazi: anche qui, s’aderisce alla (falsa) narrazione putiniana di un’intera Ucraina con la svastica. «Basterà l’immagine di qualche estremista pazzo — si chiedono gli ucraini —, per giustificare un’altra invasione?».
2 dicembre 2025
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